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Real-life Rheumatologist, la reumatologia si cala nella realtà quotidiana

Nuovi e vecchi farmaci antireumatici, biomarkers di malattia e tecniche sierologiche sono stati i punti cardine del corso-congresso “Real-life Rheumatologist” che si è svolto il 12 e 13 settembre a Firenze presso il Convitto della Calza.

In questa due giorni, densa di informazioni e di ricchi dibattiti, si sono confrontati diversi esperti nazionali che hanno trasmesso ai numerosi partecipanti l'esperienza della loro pratica clinica, vivendo la quotidianità dei pazienti con problemi reumatici.

Vari i temi affrontati con il taglio dell'estrema praticità: dal dolore cronico alla sclerosi sistemica, dalla fibromialgia all’artrite reumatoide, fino ai temi dell'economicità dei trattamenti più dispendiosi. A tal proposito i dati presentati dal dottor Alberto Migliore, del Fatebenefratelli di Roma, hanno specificato quanto l'Italia sia il paese dell'Europa dell'euro che spende meno per i farmaci biologici.

"Ciò non toglie che", come ha spiegato il dr. Maurizio Benucci, Dirigente Medico UOS Reumatologia presso Ospedale S.Giovanni di Dio Firenze e presidente del corso: “noi dobbiamo traslare nella comune pratica clinica tutto ciò che apprendiamo dalla letteratura reumatologica sempre considerando le limitate possibilità economiche della realtà ospedaliera in cui ciascun medico specialista opera.”

Il dr. Benucci ha continuato specificando: “Nella prima giornata di questo corso-congresso si è parlato di “budget-impact” perché in un momento come questo di spending review è importante valutare le risorse economiche delle varie Unità operative per curare i pazienti in maniera efficace ma anche in economia.”

Sempre nella prima giornata, è stata affrontata una patologia molto delicata quale la sclerosi sistemica, le sue complicanze, i nuovi approcci terapeutici con l’utilizzo di farmaci prostanoidi e l’importanza chiave della valutazione precoce del paziente. E’ probabilmente proprio questo approccio diagnostico precoce a ridurre la mortalità di questa grave malattia reumatica.
Sono stati toccati temi pratici come la gestione del dolore cronico e la fibromialgia.

Come ha sottolineato il Dr. Stefano Stisi, Responsabile del reparto di Reumatologia presso l’Azienda Ospedaliera “G.Rummo”di Benevento, ai microfoni del Giornale del CROI: “Il dolore cronico diffuso (CWP) è una condizione patologica comune a più forme di malattie, mentre la fibromialgia (FM) è una forma di alterata percezione dolorosa peculiare e particolare, di cui il dolore diffuso cronico è un sintomo cardine. E’ fondamentale fare una diagnosi differenziale precisa per distinguere tra CWP e FM; in quanto il primo disturbo è di pertinenza di altre tipologie di specialisti, mentre la FM è soprattutto di competenza del reumatologo. Un dolore cronico diffuso può avere svariate origini, ad esempio può derivare da una ipovitaminosi D oppure da una serie di patologie disfunzionali o organiche del SNC, dal morbo di Parkinson alla leucoaraiosi, ai disturbi maggiori del tono dell'umore, etc. Il reumatologo oggi deve imparare a distinguere le proprie competenze ed inviare i pazienti affetti da CWP, non fibromialgici, ai rispettivi specialisti di settore.”

Per quanto riguarda l’aspetto farmacologico la Dr.ssa Elisa Gremese, della Cattedra di Reumatologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, ha presentato diverse evidenze che ci portano ad ipotizzare che presto ad uno specifico fenotipo clinico possa essere collegato un trattamento quasi personalizzato della malattia. La Dr.ssa Gremese si è soffermata su alcuni biomarcatori di malattia come l’inteleuchina-6 (IL-6), ma ha precisato al Giornale del CROI: che: “Ad oggi non esiste un unico marker specifico per la malattia reumatoide; siamo sempre alla ricerca di biomarker che ci aiutino a definire quali pazienti vanno trattati e con quali farmaci vanno trattati quindi il profilo del paziente che può rispondere a un determinato tipo di terapia più che a un’altra.. Dal punto di vista clinico abbiamo a disposizione delle caratteristiche che identificano i pazienti con una malattia più aggressiva o che richiedono determinati tipi di terapie mentre ci sono delle caratteristiche biologiche più specifiche della malattia che vanno ancora approfondite. Questo perché è importante sapere a quale paziente assegnare un determinato tipo di terapia; per ora si va verso l’identificazione di un profilo di paziente che con più probabilità risponderà a un tipo di terapia”.

A proposito di molecole “vecchie”, il prof. Marcello Govoni, Cattedra e UOC di Reumatologia, Università di Ferrara,  ha descritto la carta d’identità del metotressato sottolineando che pur essendo una molecola introdotta in terapia dal 1948, è ancora molto usata perché efficace e abbastanza ben tollerata e per ora rimane il cardine del trattamento non solo per l’artrite reumatoide ma anche per altre malattie autoimmuni. “Il dosaggio di tale molecola ha subito negli anni profonde modifiche fino all’ottimizzazione della dose; nei primi utilizzi, infatti, ha predominato la cautela con dosaggi intorno a 5 mg per un paziente di peso medio. Oggi, dopo numerosi studi in merito, siamo arrivati a un dosaggio che in Italia rimane più conservativo rispetto ad altri Paesi e si attesta intorno ai 15 mg (NdR: il dosaggio massimo raccomandato in Italia è di 25 mg a settimana). Dopo 3 mesi di terapia possiamo verificare la risposta del paziente: buona risposta, nessuna risposta, risposta parziale. A questo step si può decidere lo step successivo che verrà rivalutato dopo altri 3 mesi con verifica del raggiungimento degli obiettivi secondo la nuova strategia del Treat to target”.

Si è parlato anche di “swich” e “swap” farmacologico in un interessante testa a testa per capire quale sia la migliore strategia terapeutica da attuare nei pazienti che non rispondono al primo farmaco somministrato. I sostenitori dello swich sono convinti che al fallimento del primo anti-TNF, è fondamentale il passaggio a un altro farmaco con lo stesso meccanismo d’azione del primo, mentre chi appoggia lo swap sostiene che, in questo caso, sia inutile continuare ad insistere con lo stesso meccanismo d'azione e sia perciò meglio considerare una molecola con meccanismo differente (per l’appunto definito swap).

La due giorni non ha trascurato l’aspetto normativo. Il prof. Luigi di Matteo, presidente del CROI, ha infatti effettuato un excursus sulle principali raccomandazioni Eular evidenziando innanzitutto che il malato reumatico deve essere trattato dal reumatologo e che bisogna valutare bene la metodologia per l’impiego dei farmaci che oggi sono a disposizione per il trattamento dell’artrite reumatoide. Un dosaggio adeguato assicura una risposta clinica migliore e anche un risparmio di farmaci. Tali raccomandazioni sottolineano anche di non essere tardivi nell’utilizzo dei farmaci biologici quando il loro utilizzo si renda necessario.

Alla seduta inaugurale ha presenziato con il suo saluto il Presidente della Società Italiana di Reumatologia, Prof. Marco Matucci Cerinic, che ha sottolineato l’importanza dell’aggiornamento continuo in una branca così vivace come la Reumatologia, ma anche la necessità che sia sempre più conosciuta in un momento nel quale le malattie reumatiche, col loro fievole appeal, sono ancora confuse con le patologie della vecchiaia e perciò considerate non curabili.

L’incontro ha visto anche il saluto del Direttore Generale della ASF Toscana di Firenze che ha sottolineato l’importanza e l’impatto sociale delle malattie reumatiche sul territorio fiorentino. Il Presidente del Collegio dei Reumatologi Ospedalieri Italiani, dottor Luigi Di Matteo ha salutato il Real Life come una esperienza importante di formazione e di aggiornamento per il territorio ed ha fatto appello alla coesione tra i reumatologi per combattere questo particolare periodo economico che la società civile italiana sta attraversando.

In conclusione, al termine di questo primo Real Life, c'è stata l'impressione che questo tipo di incontri a cavallo tra corso ed evento formativo aperto, molto accorsato di giovani reumatologi, e con un dibattito molto largo e proficuo tra tutti i partecipanti, possa essere una chiave per creare i collegamenti tra i reumatologi operanti sul territorio e di questi con l'ospedale.  L’obiettivo più o meno dichiarato nell’apertura del corso dagli organizzatori, sembra essere quello di coprire una parte dell’aggiornamento e dell’informazione nel modo più pratico e completo possibile, offrendo un servizio concreto ai reumatologi italiani, che il solo congresso nazionale non può fare.

A questo primo Real Life (RLR) dell'area centro-Italia seguiranno una serie di tre corsi simili che vedranno impegnati quasi tutti i reumatologi italiani. Il prossimo incontro si terrà il 16 e 17 ottobre a Benevento per l'area sud-Italia, e sarà organizzato dal dr Stefano Stisi. Il Giornale del CROI  in questo e nei numeri a venire darà tutte le informazioni utili per chi volesse parteciparvi. Certo guarderà con interesse questo primo concreto tentativo di collegare le macro-aree italiane con quel linguaggio pratico comune ai medici dell’ospedale e del territorio e indispensabile per abbattere i muri dell’incomunicabilità e fare ... rete!

Emilia Vaccaro


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