Nei cardiopatici, FANS rischiosi anche per poco tempo
Mercoledi 11 Maggio 2011
Nei pazienti che hanno già avuto un infarto del miocardio, gli antinfiammatori non steroidei (FANS), perfino se presi per un breve periodo, anche solo una settimana, si associano a un aumento del rischio di decesso e di un secondo infarto. A indicarlo è uno studio osservazionale danese, pubblicato online su Circulation, in base al quale il consumo di FANS si associa a un aumento del 45% del rischio di decesso o di nuovo infarto nei primi 7 giorni di terapia, aumento che sale al 55% se il trattamento si prolunga per 3 mesi.
La prima firmataria del lavoro, Anne-Marie Schjerning Olsen, della Copenhagen University di Hellerup, in Danimarca, ha detto in un'intervista che questi risultati mostrano come non vi sia una finestra terapeutica sicura nei pazienti reduci da un infarto e mettono in discussione le attuali raccomandazioni circa il fatto che l'uso di FANS a basse dosi e per un breve periodo sia sicuro.
Nel 2007 l'American Heart Association (AHA) aveva messo in guardia i medici sui rischi dei FANS nei soggetti con malattie cardiovascolari note o a rischio di cardiopatia e aveva proposto un approccio a gradini per l'uso di tali agenti in questa popolazione di pazienti.
Per questo studio, i ricercatori danesi nel Danish National Patient Registry hanno identificato 83.675 pazienti ricoverati in ospedale per un primo infarto miocardio non fatale tra il 1997 e il 2006. L'età media di questi soggetti era di 68 anni e il 63% era di sesso maschile.
Per 35.405 di essi (il 42,3%), i ricercatori hanno trovato almeno una prescrizione di un FANS, nella maggior parte dei casi ibuprofene (23%) e diclofenac (13,4%); tra i farmaci antiinfiammatori di seconda generazione, gli inibitori della COX-2 (coxib), i più prescritti sono risultati rofecoxib (4,7%) e celecoxib (4,8%).
Nel periodo di osservazione, sono stati identificati nel database 35.257 decessi o secondi infarti. In base ai calcoli dei ricercatori, il rischio di morte o di avere un nuovo infarto è risultato aumentato all'inizio del trattamento con FANS (hazard ratio [HR] 1,45; IC al 95% 1,29 - 1,62) e tale aumento è cresciuto ulteriorment prolungando il trattamento a 3 mesi (HR dopo 90 giorni 1,55; IC al 95% 1,46 - 1,64).
Particolarmente preoccupante, secondo la Olsen, il fatto che diclofenac si risultato associato a un rischio cardiovascolare superiore e più immediato rispetto a rofecoxib, ritirato dal mercato nel 2004 proprio per il suo sfavorevole profilo di rischio cardiovascolare.
"Le evidenze che si vanno accumulando" ha dichiarato l'autrice "suggeriscono di limitare al minimo l'impiego dei FANS nei pazienti con malattie cardiovascolari note. In questi soggetti, in caso di necessità di una terapia con FANS, il medico dovrebbe scegliere un antinfiammatorio con maggiore selettività per la COX-1 alla dose più bassa possibile (per esempio naproxene ≤ 500 mg/die o ibuprofene ≤ 1200 mg/die) per il minor tempo possibile".
Commentando lo studio, Elliott Antman, del Brigham and Women's Hospital di Boston, Massachusetts, ha detto che il lavoro mostra come via sia un gradiente di rischio tra i diversi FANS e come alcuni sembrino essere più pericolosi di altri, ma nessuno appaia completamente sicuro.
L'esperto ha anche sottolineato come le conclusioni dei ricercatori danesi siano del tutto in linea con i consigli formulati nel documento redatto nel 2007 dalla task force dell'AHA, di cui Antman era a capo e ha aggiunto come il lavoro rappresenti un buon promemoria per medici e pazienti sui rischi dei FANS nei soggetti con malattie cardiovascolari. "Diversi di questi farmaci sono prodotti da banco" ha avvertito il cardiologo: "molti pazienti credono che se un medicinale si può acquistare senza prescrizione deve essere necessariamente più sicuro e per questo non riferiscono di farne uso al loro medico curante".
Olsen AMS, Fosbøl EL, Lindhardsen J, et al. Duration of treatment with nonsteroidal anti-inflammatory drugs and impact on risk of death and recurrent myocardial infarction in patients with prior myocardial infarction: A nationwide cohort study. Circulation 2011; DOI:10.1161/CIRCULATIONAHA.110.004671 leggi