Lettera d'intenti per l'introduzione all'utilizzo territoriale dei farmaci biologici per la cura delle malattie reumatiche
Il Presidente Stefano Stisi
Le malattie reumatiche costituiscono un eterogeneo gruppo di numerosi quadri clinici, accumunati dall'interessamento dell'apparato muscolo-scheletrico e dei tessuti connettivi. Esse coinvolgono circa il 10% della popolazione generale nei paesi industrializzati e rappresentano una voce di spesa gravosa per i sistemi sanitari, soprattutto in relazione ai danni disabilitanti da esse derivanti. La loro diagnosi e cura ha però subito nell'ultimo decennio notevoli progressi. Difatti l'introduzione nei protocolli terapeutici di specifici farmaci "biologici" per la cura, dapprima dell'artrite reumatoide e poi dell'artrite psoriasica e della spondilite anchilosante, ha modificato il decorso e la prognosi di queste diffuse malattie, migliorando la qualità di vita e la ricaduta economico-sociale.
Purtroppo l'impiego dei farmaci "biologici" in Italia è limitato a causa di una distribuzione disomogenea dei centri erogatori, attualmente ristretto a poche strutture reumatologiche ospedaliere ed universitarie individuate dalle regioni, creando disagi sociali ed economici a numerosi pazienti, disuguaglianza nella disponibilità di cure, diseconomie legate all'erogazione dei farmaci e al follow-up dei pazienti in trattamento. La determinazione dei centri erogatori è difatti ferma al 2001, anno di introduzione all'uso di questi nuovi farmaci. Da allora, in una fase poco più che sperimentale, ad oggi, è stata prodotta una grossa mole di esperienza che ha apportato chiara dimostrazione di efficacia e soprattutto di maneggevolezza e tollerabilità dei vari principi.
Il Consiglio Direttivo, su proposta della commissione di studio, ritiene che sarebbe utile allargare, nel rispetto delle normative a livello nazionale, la possibilità prescrittiva anche alle strutture specialistiche non ospedalizzate, quali gli specialisti ambulatoriali convenzionati interni con il SSN (ex SUMAI) laddove operino in rete sul territorio con un centro di riferimento reumatologico ospedaliero con attività autonoma o, in mancanza di queste, con strutture specialistiche reumatologiche (strutture semplici di reumatologia) nel contesto di altre U.O.C., per la gestione clinica degli eventuali eventi avversi.
Si ritiene che tale allargamento della base prescrittiva non provocherebbe secondari aumenti di spesa per il SSN, essendo invariabile il numero degli ammalati eleggibili a questo trattamento. Infatti esistono, e vengono osservati dai Centri erogatori, precisi criteri - dettati dalla letteratura scientifica - per l'individuazione ed il follow-up dei pazienti da sottoporre a terapia con questi specifici farmaci "biologici". Soprattutto la capillarizzazione dell'assistenza reumatologica ai pazienti affetti da poliartriti infiammatorie, consentirebbe ad ogni potenziale paziente la possibilità di cura nel proprio ambito territoriale, garantendo altresì la continuità assistenziale al malato.
In conclusione si ribadisce la necessità che tutti i medici specialisti in Reumatologia operanti a specifico titolo nella propria branca in ambito pubblico, debbano poter proporre ai propri assistiti terapie più adeguate secondo riconosciute linee guida di appropriatezza. Tale diritto a tutt'oggi viene di fatto negato ai pazienti ed ai reumatologi che non possono accedere alla prescrizione dei farmaci "biologici".
Bologna, 4 aprile 2008Torna all'archivio