Impiego di statine si associa a riduzione della mortalità in pazienti con artrite reumatoide
Venerdi 28 Agosto 2015
Le statine rappresentano una classe di farmaci che, accanto alla loro funzione primaria di agenti ipo-lipemizzanti, sono dotate di proprietà anti-infiammatorie. Tra queste, meritano attenzione la riduzione dei livelli di alcune citochine pro-infiammatorie come il TNF-alfa, IL-1 e IL-6 che giocano un ruolo rilevante anche nella patogenesi dell'artrite reumatoide (AR).
A tal riguardo, un trial randomizzato condotto in pazienti con AR ha mostrato che l'aggiunta di statine al trattamento con DMARD sarebbe in grado di migliorare alcuni parametri clinici legati all'AR come il punteggio DAS, la conta delle articolazioni tumefatte e i livelli di alcuni marker infiammatori (1).
“Sarebbe lecito, pertanto aspettarsi un beneficio in termini di sopravvivenza dall' impiego di questa classe di farmaci ad azione pleiotropica nei pazienti con AR, pari almeno a quello osservato dal loro impiego nella popolazione generale, con anamnesi negativa per malattia CV o infiammatoria – affermano gli autori nell'introduzione al lavoro”. A tal riguardo, gli autori ricordano che “...era stato avviato recentemente un trial randomizzato per esaminare l'impatto di atorvastatina nella prevenzione di eventi CV in pazienti con AR (studio TRACE-RA = Trial of Atorvastatin for the Primary Prevention of Cardiovascular Events in Patients with Rheumatoid Arthritis) per dirimere la questione. Tuttavia, il trial è stato interrotto prematuramente a causa del ridotto tasso di eventi registrato” (2,3).
Di qui il razionale dello studio, pubblicato online ahead-of-print sulla rivista Annals of Rheumatic Diseases (4), avente l'obiettivo di esaminare l'associazione tra l'impiego di statine con la mortalità per tutte le cause in pazienti con AR all'interno della popolazione generale.
La popolazione considerata nel lavoro, individuata grazie al database di cartelle cliniche THIN (The Health Improvement Network), un database che copre circa 10 milioni di pazienti nel Regno Unito, includeva pazienti di età non inferiore ai 20 anni, con diagnosi posta di AR e che erano stati sottoposti a trattamento con almeno un DMARD in un arco temporale compreso tra il 2000 e il 2012. L'impiego corrente o pregresso di statine era causa di esclusione dallo studio.
Da questa popolazione sono state definite due coorti di pazienti: una costituita da pazienti che iniziavano ad assumere una statina; l'altra costituita da pazienti, candidabili alla terapia con statine, che non erano sottoposti a tale trattamento farmacologico. Entrambi i gruppi presentavano livelli di colesterolo al basale pari a 231 mg/dL, e ciascuno di essi era costituito da 2.943 pazienti. L'outcome primario dello studio, già ricordato sopra, era costituito dall'associazione tra l'impiego di statine e la mortalità per tutte le cause, stimata utilizzando modelli di Cox. Si è fatto ricorso al “propensity score matching” per ridurre il peso di eventuali fattori di confondimento e il confronto tra le due coorti è avvenuto sulla base di blocchi aventi ciascuno come durata temporale un anno, per tenere conto di eventuali variazioni sia della prescrizione di statine che della mortalità nel tempo. Dopo l'incrocio dei gruppi in base al “propensity score matching” e dopo un follow-up medio di 4,51 anni per il gruppo trattato con statine e di 4,29 anni per l'altro gruppo, sono stati registrati 432 decessi tra i pazienti trattati con statine e 513 decessi tra quelli che non erano sottoposti a questo trattamento farmacologico. “Lo studio – scrivono gli autori – ha documentato che l'impiego di statine era associato ad una riduzione del rischio di mortalità per tutte le cause pari al 21% (HR=0,79; IC95%= 0,68-0,91). Tale associazione si è palesata fin dal primo anno di osservazione dello studio ed è stata mantenuta negli anni successivi di follow-up. Non solo: l'associazione è risultata essere indipendente dall'età anagrafica del paziente, dal sesso, dal BMI, dallo status socioeconomico, dalla presenza di comorbidità importanti, dall'impiego concomitante di farmaci CV e dai livelli di colesterolo totale.” Quanto all'effetto delle statine, questo non è stato influenzato da alcuni fattori quali età, sesso, status socioeconomico, durata dell'AR, livelli basali di colesterolo o anamnesi di malattia del sistema circolatorio. Successivamente, è stata condotta una ripetizione delle analisi sopra riportate, partendo, questa volta, da una definizione meno restrittiva di AR, utilizzando solo il codice diagnostico (senza considerare l'eventuale impiego di DMARD) per verificare che non vi fossero risultati difformi. Anche in questo caso, l'associazione tra l'impiego di statine e la mortalità è risultato simile all'analisi originale (HR=0,81; IC95%=0,74-0,90).
Nel commentare i risultati gli autori dello studio sottolinano come il loro lavoro sollevi almeno due domande interessanti: 1) le statine possono determinare benefici sulla mortalità per causa specifica in pazienti con AR (ad esempio riducendo la mortalità CV)?; 2) i pazienti con AR aggressiva, caratterizzata da sieropositività, erosioni o manifestazioni extra-articolari, potrebbero trarre beneficio, in termini di riduzione della mortalità associata all'impiego delle statine. Di qui la necessità di condurre nuovi studi in grado di chiarire se il vantaggio osservato con le statine dipenda prevalentemente dal loro effetto farmacologico primario (con conseguente riduzione, soprattutto, della mortalità CV) o dagli effetti pleiotropici anti-infiammatori.
Nicola Casella
Bibliografia 1. Abeles AM et al. Statins as antiinflammatory and immunomodulatory agents: a future in rheumatologic therapy? Arthritis Rheum 2006;54:393–407. Leggi 2. Peters MJ et al. Cardiovascular risk management in rheumatoid arthritis: are we still waiting for the first step? Arthritis Res Ther 2013;15:111. Leggi 3. Kitas GD et al. Trial of atorvastatin for the primary prevention of cardiovascular events in patients with rheumatoid arthritis (TRACE RA). Ann Rheum Dis 2015;74(Suppl 2):688. Leggi 4. Schoenfeld S R, et al "Statin use and mortality in rheumatoid arthritis: a general population-based cohort study" Ann Rheum Dis 2015. Leggi