Highlights Congresso CROI 2015 - Medicina di genere e malattie reumatologiche: verso una medicina personalizzata
Giovedi 15 Ottobre 2015
La medicina di genere è una nuova dimensione della medicina che studia l'influenza del sesso (convenzionalmente inteso come differenza biologica tra individui di sesso maschile e femminile) e del genere (le costruzioni socioculturali e gli atteggiamente verso la mascolinità e la femminilità) su fisiologia, fisiopatologia e patologia umana. Essa nasce dall'osservazione che molti studi hanno descritto le malattie (epidemiologia, fisiopatologia, clinica, terapia) concentrandosi prevalentemente o talora esclusivamente su casistiche di un solo sesso (giovane, maschio, bianco).
Come ha ricordato la dr.ssa Maria Gabriella de Silvio (GISeG - Gruppo Italiano Salute e Genere) nella prima sessione scientifica del Congresso dal titolo: “Reumatologia di genere”: ”...la realizzazione di una politica sanitaria equa non significa garantire a tutti i membri della comunità pari opportunità di accesso a tutto ciò che è loro necessario per soddisfare qualsiasi bisogno espresso, quanto garantire a tutti pari opportunità di accesso rispetto a ciò che la comunità stabilisce di potersi permettere per soddisfare una quota proritaria ed indispensabile di bisogni. (…) La medicina di genere è un superamento di questo concetto: non basta garantire pari opportunità di accesso ma bisogna garantire anche pari opportunità di appropriatezza della cura, a poter disporre, cioè, della terapia più consona al singolo genere.”
A ribadire l'importanza delle medicina di genere vi è il fatto che l'OMS ha inserito questa nuova dimensione della medicina nell'Equity Act, a testimonianza che il principio di equità implica che la cura sia appropriata e sia la più consona al singolo genere.
Differenze di genere (talore erroneamente percepite) relative all'incidenza di alcune patologie sono evidenti, per esempio, per quanto riguarda quelle a carico del sistema CV: “Le donne – ha ricordato la dr.ssa De Silvio – sono sottodiagnosticate e sottotrattate, nonostante la mortalità per primo infarto del miocardio appaia essere maggiore nelle giovani donne rispetto agli uomini della stessa età. Nella donna la mortalità CV è quattro volte maggiore della somma della mortalità per cancro al seno, BPCO, incidenti e cancro al polmone. Eppure, nell'immaginario collettivo, la malattia coronarica è una malattia maschile e le donne non hanno neanche la percezione del rischio a cui vanno incontro. Le malattia CV sono diminuite molto di più negli uomini che nelle donne.”
Non solo: anche la formazione delle placche aterosclerotiche è diversa tra i due sessi: “nell'uomo – ha affermato la dr.ssa De Silvio – è più precoce, mentre nella donna meno (almeno fino a prima della menopausa). Le placche femminili possono portare ad infarto del miocardio per erosione, mentre quelle maschili per esplosione. Ad essere diversi nei due sessi sono anche i fattori di rischio CV (diabete e fumo più importanti nel sesso femminile, colesterolo totale e ipertensione nel sesso maschile”.
Al contrario delle malattie CV, invece, le donne tendono a costituire lo standard rispetto al quale gli uomini sono valutati per l'osteoporosi: “Quest'ultima – ha affermato la d.ssa De Silvio - è considerata una malattia delle donne in post-menopausa, anche se gli uomini dopo i 75 anni rappresentano un terzo delle fratture dell'anca correlate all'osteoporosi in Europa.”
La medicina di genere nel nostro Paese: riferimenti normativi La medicina di genere si è affermata nel nostro Paese solo recentemente. Focalizzando l'attenzione sulle tappe più recenti, la dr.ssa De Silvio ha ricordato l'approvazione alla Camera nel 2012 della Mozione Unitaria sulla Medicina di Genere che impegna il Governo: 1) ad inserire tra gli obiettivi del PSN 2012-2015 la promozione e il sostegno alla medicina di genere al fine di delineare migliori criteri di erogazione del servizio sanitario; 2) a promuovere la medicina di genere sul territorio; 3) ad inserire l'insegnamento della medicina di genere nelle università italiane; 4) a potenziare la ricerca medica e farmacologica; 5) a promuovere nelle strutture sanitarie pubbliche la presa in carico del paziente, tenendo conto delle differenze di genere. Inoltre, la dr.ssa De Silvio ha ricordato l'ultima proposta legislativa italiana in materia del 2013, ch, in aggiunta alle disposizioni del 2012, suggerisce l'aggiunta di un osservatorio nazionale e di raccomandazioni apposite affinchè la sperimentazione dei farmaci non discrimini le donne.
Specificità di genere e risposta ai farmaci In farmacologia clinica, una maggiore prevalenza di effetti avversi nelle donne è ben nota, anche se le ragioni non sono ancora chiare. A tal proposito, tra il 1997 e il 2000, dieci farmaci sono stati ritirati dal mercato negli USA a causa di effetti avversi e addirittura mortali per la salute. Otto di questi hanno avuto più gravi effetti nelle donne. Questo è in parte dovuto al fatto che la pre-clinica e lo sviluppo clinico di un farmaco non considerano le differenze di sesso in modo sistematico.
Come ha ricordato la prof.ssa Anna Maria d'Ursi del Dipartimento di Farmacia dell'Università di Salerno, esistono delle differenze di genere a livello farmacocinetico o di farmacodinamico che possono rendere conto della specificità di genere nella risposta ai farmaci.
Limitando l'attenzione agli aspetti farmacocinetici, la prof.ssa d'Ursi ha ricordato come, stando ad alcune stime della FDA, siano presenti differenze di genere relative alla biodisponibilità per il 30% dei farmaci registrati. Tra le cause invocate vi sarebbero il controllo della motilità gastrointestinale esercitato dagli ormoni sessuali (con un transito intestinale dei farmaci più lento nel sesso femminile) e l'esistenza di differenze anche in base al sesso degli enzimi gastrointestinali responsabili del metabolismo dei farmaci.
Anche la superfamiglia del citocromo P450 e la glicoproteina P sarebbero soggette a specificità di genere nell'espressione e nella regolazione, per interazione con ambiente e ormoni. A tal proposito la prof.ssa d'Ursi ha citato come esempi di specificità di genere l'attività dell'isoforma CYP1A2, che sarebbe influenzata dagli ormoni sessuali (il trattamento con estrogeni rimuove tali differenze) mentre la ciclosporina, substrato per l'isoforma CYP3A4, ha una clearance più elevata nel sesso femminile.
Quanto agli effetti avversi da trattamento farmacologico, la prof.ssa d'Ursi ha ricordato come le maggiori segnalazioni di eventi avversi riguardino il sesso femminile (con un 70% di ricoveri per ADR rappresentato da donne). A tal riguardo, ha aggiunto la prof.ssa d'Ursi, non va trascurato il fatto che le donne risultano generalmente sottoposte a dosaggi di farmaci che sono stati stabiliti su risultati ottenuti in sperimentazioni effettuate prevalentemente su uomini.
Differenze di genere in Reumatologia Le malattie reumatiche autoimmuni (MA.RI.CA) rappresentano una classe di patologie che colpisce prevalentemente il sesso femminile. Sono classificate in questo gruppo di patologie l'Artrite Reumatoide, l'Artrite Psoriasica, le Spondiliti, il Lupus Eritematoso Sistemico, la Sclerodermia, la Sindrome di Sjogren, la patologia autoimmune in gravidanza, le vasculiti e altre malattie rare. Stime portate dalla dr.ssa Paola Sabatino (Salerno) a mò di esempio, quantificano nel nostro Paese 600.000 casi di artrite reumatoide, con un rapporto donna/uomo pari a 3:1 a 50 anni, di 2:1 da 55 a 65 anni e di 1:3 per gli over 75. Nel LES, invece, il rapporto donna/uomo è pari addirittura a 9:1 in soggetti di età compresa tra i 15 e i 44 anni.
La predilezione di queste malattie per il sesso femminile non è ancora stata completamente chiarita ma alcuni studi hanno suggerito l'esistenza di diversi fattori coinvolti nella specificità di genere di queste malattie, classificati in: fattori ormonali (la maggior parte delle MA.RI.CA sono più frequenti prima della menopausa), ambientali (stress, stile di vita, alcol, farmaci, tossicodipendenza, onde elettromagnetiche UV), agenti infettivi e fattori biologici non modificabili (genetica, età e sesso).
Numerosi gli studi presentati dalla dr.ssa Sabatino a supporto dell'esistenza di una differenza di genere del sistema immunitario. Di questi menzioniamo un lavoro pubblicato a luglio sulla rivista Cell Systems (1) che, dopo aver preso in esame un'enorme quantità di analiti di tipo immunologico (citochine, cellule immunocompetenti e proteine) ha documentato l'esistenza di differenze tra il reguloma di genere maschile e quello di genere femminile. In conclusione, il sistema immunitario delle donne non è come quello degli uomini e ciò potrebbe stimolare la ricerca di farmaci più appropriati e una migliore comprensione della loro modulazione d'impiego.
Bibliografia Qu K et al. Individuality and variation of personal regulomes in primary human T cells. Cell Syst. 2015 Jul 29;1(1):51-61.