Terapia

Epratuzumab, nuovo anti-CD22, promettente contro il lupus

L'anticorpo monoclonale sperimentale epratuzumab, possibile candidato per la cura del Lupus eritematoso sistemico (Les), ha dato risultati promettenti contro la malattia nello studio EMBLEM, presentato al congresso dell'Eular.

In questo studio di fase IIb, il farmaco, un anticorpo anti-CD22 sviluppato da UCB in partnership con Immunomedics, ha portato a una riduzione significativa dell'attività della malattia rispetto al placebo in pazienti con Les di grado moderato-severo. Lo hanno annunciato le due aziende, che vorrebbero ora proseguire lo sviluppo del biologico, dando il via a due studi di fase III, chiamati EMBODY 1 e 2, più avanti nel corso dell'anno.

Epratuzumab è il primo anticorpo monoclonale umanizzato diretto contro l'antigene CD22, una glicoproteina di superficie presente sui linfociti B maturi e su molti tipi di linfociti B maligni. Anche se il ruolo di questo antigene non è pienamente compreso, si pensa sia un regolatore della funzione delle cellule B, che hanno un ruolo importante nel Les producendo auto-anticorpi. Epratuzumab sembra in grado di modulare l'attività di questi linfociti, senza determinarne un'eccessiva deplezione.

Lo studio EMBLEM è un trial multicentrico della durata di 12 settimane, randomizzato e in doppio cieco, disegnato per valutare efficacia e sicurezza dell'anticorpo e identificare il dosaggio e il regime più adatti nei pazienti affetti da Les di gravità medio-alta. I partecipanti sono stati trattati con sei regimi diversi: epratuzumab alla dose cumulativa di 200, 800, 2.400 o 3.600 mg suddivisi in parti uguali somministrate per via infusionale ogni 2 settimane o epratuzumab 2.400 mg somministrati mediante quattro infusioni una volta alla settimana oppure placebo.

Il farmaco si è dimostrato superiore al placebo in tutti i gruppi di trattamento con una differenza statisticamente significativa nel gruppo trattato con 600 mg di epratuzumab ogni settimana (P = 0,0265) e nel gruppo combinato dei 74 pazienti che hanno ricevuto la dose cumulativa di 2.400 mg nell'arco delle 12 settimane di trattamento; in entrambi questi gruppi, le percentuali di risposta sono state doppie rispetto al gruppo placebo.
I risultati hanno suscitato l'interesse dei reumatologi, dato anche l'alto numero di tentativi finora falliti di portare un nuovo trattamento per il lupus sul mercato nel corso degli anni.

La maggior parte dei pazienti ha mostrato una riduzione dei sintomi o l'assenza di malattia attiva in specifici sistemi corporei grazie al trattamento con epratuzumab. L'impatto clinico è stato particolarmente rilevante sul sistema cardiorespiratorio e su quello nervoso, nei quali è spesso difficile raggiungere un miglioramento dei sintomi.

In questo studio, i risultati sono stati valutati mediante l'indice BILAG, uno strumento che permette di valutare sia l'attività della malattia in corso sia la variazioni di tale attività rispetto all'ultimo controllo.

"Ottenere un miglioramento dell'indice BILAG senza peggioramenti, specie in tempi molto rapidi, come le 12 settimane dello studio EMBLEM, è incoraggiante" ha detto Kenneth Kalunian, reumatologo dell'Università di San Diego, in California "perché il BILAG prende in considerazione nove sistemi diversi coinvolti nel Les, tra cui quelli muscoloscheletrico, cardiorespiratorio, renale e gastrointestinale".
Risultati promettenti, dunque, associati pare a un buon profilo di tollerabilità. L'incidenza degli eventi avversi seri e delle reazioni all'infusione nei pazienti trattati col farmaco, infatti, è stata paragonabile a quella del gruppo placebo.
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