L'anticorpo monoclonale epratuzumab permette di ottenere miglioramenti clinici significativi nei pazienti affetti da lupus eritematoso sistemico (LES). Lo evidenziano i risultati dello studio di fase IIb EMBLEM, presentati a Glasgow da Caroline Gordon, dell'Università di Birmingham, in occasione dei lavori del meeting annuale della British Society for Rheumatology (BSR).
In questo trial, condotto su pazienti con LES di gravità medio-alta, nei soggetti trattati con una dose cumulativa di 2.400 mg di epratuzumab per via endovenosa si è ottenuto un tasso di risposta a 12 settimane del 43,2%, più che doppio rispetto a quello nel gruppo di controllo - 21,1% - trattato con placebo (P = 0,02).
Dopo oltre mezzo secolo di calma piatta nel campo delle cure per il LES, epratuzumab rappresenta la seconda novità in questo settore nel giro di un anno. Nel 2011, infatti, prima l'Fda e poi l'Ema hanno dato il via libera a belimumab, il primo trattamento nuovo per il lupus in 55 anni. Epratuzumab è un nuovo anticorpo monoclonale umanizzato anti-CD22 che agisce provocando una deplezione solo del 30% circa dei linfociti B. Tale deplezione parziale provoca la fosforilazione e l'internalizzazione della proteina di superficie CD22, innescando la trasmissione di segnali intracellulari che si traducono in alterazioni dell'espressione di molecole di adesione e in una modulazione del funzionamento dei linfociti B. Poiché nei primi studi epratuzumab ha mostrato di poter offrire potenziali benefici ai pazienti con LES, tra cui una riduzione dell'attività della malattia e un miglioramento della qualità della vita, la Gordon e il suo gruppo hanno deciso di mettere alla prova il biologico nello studio EMBLEM, uno studio randomizzato e controllato con placebo, disegnato per valutare l'efficacia e la sicurezza dell'anticorpo (in combinazione con immunosoppressori) nel LES, identificare la dose ottimale e il regime posologico da utilizzare nei prossimi trial, nonché valutare la performance di un nuovo endpoint combinato denominato BICLA (BILAG-based Combined Lupus Assessment) come misura clinicamente significativa dell'attività della malattia.
Questo nuovo endpoint è stato sviluppato sulla base di input provenienti da un gruppo di esperti che hanno valutato le caratteristiche degli indici di attività della malattia (DAI) comunemente utilizzati negli studi sul LES e le esperienze precedenti fatte con questi indici per valutare l'efficacia di epratuzumab negli studi clinici.
L'endpoint necessita che i pazienti soddisfino diversi criteri di risposta attraverso tre strumenti di valutazione - l'indice BILAG-2004, l'indice SLEDAI e la valutazione globale del medico (PGA) - per essere considerati responder. I responder secondo l'endpoint BICLA devono raggiungere un miglioramento dell'attività della malattia in base all'indice BILAG in tutti gli otto sistemi corporei senza alcun peggioramento del BILAG o degli altri indici di attività della malattia nello stesso momento temporale e senza alcun fallimento del trattamento in qualsiasi momento, né alcuna necessità di aumentare gli steroidi o gli immunosoppressori.
Le dosi testate sono state 200 mg, 800 mg, 2.400 mg e 3.600 mg somministrati mediante quattro infusioni una volta alla settimana.
I soggetti arruolati avevano tutti almeno un sistema (mucocutaneo, muscolo-scheletrico o cardiorespiratoriao) gravemente coinvolto dalla malattia secondo l'indice BILAG o oppure due sistemi coinvolti moderatamente. Inoltre, erano positivi agli anticorpi anti-nucleo e avevano punteggi dell'indice SLEDAI (altro indice di attività della malattia) pari a 6 o superiori.
Lo studio ha coinvolto 227 pazienti, con un'età media di 40 anni. Quasi tutti erano donne bianche, con un punteggio medio totale sia dell'indice BILAG sia dell'indice SLEDAI pari a 15. Al basale, i partecipanti assumevano una dose media di corticosteroidi di 14 mg/die, il 45% era in terapia anche con immunosoppressori come metotrexate, azatioprina o micofenolato e il 47% assumeva anche anti-malarici.
Nei pazienti trattati con 2.400 mg (somministrati mediante quattro infusioni da 600 mg ciascuna alla settimana), l'odds ratio di risposta secondo l'indice BICLA rispetto al placebo è risultato pari a 3,2.
Tre quarti dei pazienti hanno manifestato almeno un evento avverso, nella maggior parte dei casi un'infezione lieve o cefalea, mentre l'incidenza degli eventi avversi gravi è stata inferiore al 10% con tutte le dosi testate.
Sulla base dei risultati positivi di questo studio, né è già partito uno più ampio, di fase III, in cui si utilizzerà il nuovo endpoint BICLA e si valuteranno quattro infusioni da 600 mg a settimana ogni 3 mesi per un massimo di un anno.
C. Gordon, et al. Epratuzumab demonstrates clinically meaningful improvements in patients with moderate-to-severe systemic lupus erythematosus: results from EMBLEM, a phase IIB study. BSR 2012; abstract PA2.