Dall'Eular nuovi dati a conferma dell'efficacia di rituximab
Mercoledi 30 Giugno 2010
Un trattamento mirato per l'artrite reumatoide (AR), attraverso l'esame di specifici marcatori del sangue in fase di diagnosi, potrebbe influenzare in modo notevole l'esito della cura, determinando un miglioramento nella qualità di vita dei pazienti. Il fattore reumatoide (FR) e l'anti-peptide citrullinato ciclico (Anti-CCP), due caratteristici auto-anticorpi prodotti dalle cellule B auto-reattive, si trovano in circa l'80% dei pazienti affetti da AR. Per tali pazienti rituximab potrebbe potenzialmente offrire maggiori vantaggi. Ulteriori dati presentati all'EULAR dimostrano che con rituximab, se i pazienti vengono valutati ogni 6 mesi e sottoposti a trattamento continuativo quando la remissione non è stata raggiunta, si può ottenere un controllo più incisivo della malattia. Dopo questo regime di cura più del doppio dei pazienti (12.3% rispetto a 5.1%) ha ottenuto una risposta clinica maggiore, in termini di ACR 70, per almeno sei mesi consecutivi.
Qui di seguito vi presentiamo una sintesi degli studi relativi a rituximab presentati all'EULAR.
Isaacs, J et al. Studio dei Biomarkers Un'analisi a posteriori (post-hoc analysis) ha esaminato un gruppo pooled in due studi di Fase III, che comprendevano pazienti a cui rituximab era stato aggiunto al trattamento con metotrexate (MTX), l'attuale terapia standard per l'AR. Rituximab è stato somministrato per via endovenosa nei giorni 1 e 5. Un totale di 670 pazienti ha partecipato all'analisi pooled. La ricerca ha valutato lo stato sierologico dei pazienti, analizzando la presenza di auto-anticorpi specifici (FR e anti-CCP) e confrontando gli esiti clinici alle settimane 24 e 48 dei pazienti sieropositivi (ossia chi risultava positivo al FR e/o all'anti-CCP) rispetto ai pazienti sieronegativi. Le valutazioni comprendevano risposte ACR e EULAR, oltre al DAS28. Entrambi i gruppi di pazienti (sieropositivi e sieronegativi) hanno tratto beneficio dalla terapia con rituximab; tuttavia la risposta era più evidente nei pazienti sieropositivi. Alla settimana 24, i pazienti sieropositivi avevano una probabilità di ottenere una risposta ACR (ACR20 o ACR50) oltre due volte maggiore rispetto a quelli sieronegativi. Alla settimana 48, i pazienti sieropositivi con la probabilità di raggiungere un miglioramento dei sintomi del 70% (ACR70) erano tre volte più numerosi di quelli sieronegativi (20,9% rispetto a 6,9%). I pazienti sieropositivi avevano ottenuto una riduzione significativamente maggiore del DAS28 e avevano maggiore probabilità di raggiungere un basso livello dell'attività di malattia entro la settimana 48.
Emery, P et al. Ritrattamento a 6 mesi L'analisi ha valutato pazienti in studi di Fase II o III su rituximab che avevano precedentemente mostrato una risposta inadeguata al MTX. I pazienti sono stati sottoposti a ripetuti cicli di terapia con rituximab 2 x 1000 mg, nei giorni 1 e 15, in base a due approcci terapeutici. Il primo approccio era quello di ritrattare il paziente, ogni sei mesi, se il DAS28 era maggiore o uguale a 2,6 (trattamento mirato alla remissione), mentre il secondo approccio era quello di ripetere la terapia con una somministrazione a discrezione del medico curante, dopo un minimo di 16 settimane, se il conteggio delle articolazioni tumefatte e dolenti era superiore a otto. I pazienti trattati con l'obiettivo della remissione (treat to target) hanno beneficiato di un maggiore controllo della sintomatologia rispetto a quelli trattati a discrezione del medico curante (ACR70 12.3% in confronto a 5.1% rispettivamente) e una migliore funzionalità fisica (HAQ-DI).
Van Vollenhoven, RF et al. Studio sulla sicurezza a lungo termine Un'analisi post hoc di dati pooled su pazienti trattati con rituximab in combinazione a MTX in un programma globale di studi clinici: 3.189 pazienti sono stati trattati con rituximab per un totale di 9.342 pazienti/anno, fra cui nove anni di follow up fino a 15 cicli di terapia. Oltre 1.500 pazienti sono stati seguiti per oltre tre anni e 2.417, 1.724, 1.392 e 1036 pazienti hanno ricevuto >2, >3, >4 e >5 cicli di terapia rispettivamente. I risultati confermano che rituximab continua a essere ben tollerato e le percentuali di eventi avversi seri e infezioni rimane stabile nel tempo e fra i vari cicli di terapia, sulla base dell'analisi di casi studiati.
Genovese, M et al. Infezioni gravi nei pazienti con AR trattati con biologici dopo rituximab In questa analisi aggiornata la percentuale di infezioni gravi è stata valutata nei pazienti per determinare se la deplezione delle cellule B, in seguito alla terapia con rituximab, possa avere conseguenze in termini di safety sull'uso di un altro biologico, dopo la sospensione del trattamento con rituximab. L'analisi ha dimostrato che in 283 pazienti trattati con un biologico (la maggior parte erano anti-TNF) dopo la terapia con rituximab, la percentuale di infezioni serie (SIE - serious infection events) non era aumentata. Nel complesso le infezioni erano tipiche dei pazienti affetti da AR e confrontabili con le percentuali osservate in altre analisi sulla safety.
Tak P, Studio IMAGE I dati dello studio IMAGE presentato da Tak P e condotto su tre gruppi Rituximab+MTX con ciclo a 1 g a T0-15, Rituximab 500 mg+MTX con ciclo 500 mg T0-15 e gruppo MTX in pazienti con AR con età media di malattia tra 8 settimane e 4 anni media nei tre gruppi 0,92 0,99 0,92 anni. I pazienti nell'87% presentavano un FR positivo. Lo studio dimostrava nei tre gruppi una riduzione dell'ACR70 rispettivamente del 46%, 42%, 27%, dell'ACR50 del 62%, 60%,41%, una remissione del 32%, 34%, 12% un miglioramento maggiore di 0,5 dell'HAQ rispettivamente nel 79%, 73%, 63% e una riduzione del danno radiografico TSS del 0,41, 0,76 ,1,95 con score erosivo di 0,23, 0,50, 1,32 e riduzione dello spazio articolare rispettivamente di 0,18, 0,26, 0,63.
Vital E, Studio Extrra Un altro dato interessante (EXTRRA) è stato presentato da Vital E che ha osservato con la metodica della citofluorimetria ad alta risoluzione HRC un incompleta deplezione linfocitaria in 26 pazienti pazienti trattati con rituximab 1 g due settimane dopo la prima infusione. I pazienti erano randomizzati a ricevere un secondo ciclo di 1 g o due cicli di 1 g, dose totale 3 g. La valutazione in HRC era eseguita al tempo 0, 2, 8, 12, 16, 28, 40 settimane. L'EULAR response criteria (good/moderate) era rispettivamente nel gruppo 2 g e 3 g a 40 settimane del 54% e 92% a un anno del 27% e 67%, a dimostrazione che la completa deplezione linfocitaria può correlare con la buona risposta clinica a rituximab.
Ringraziamo il Dott. Maurizio Benucci per la collaborazione nella stesura dell'articolo Torna all'archivio