Malattie reumatiche

Artrosi, proposto ruolo chiave anche per l'osso subcondrale

Uno studio della Johns Hopkins University di Baltimora, appena pubblicato su Nature Medicine, suggerisce che anche l'osso sottostante la cartilagine abbia un ruolo chiave nell'eziopatogenesi dell'osteoartrosi (OA) e aggravi il danno. Il team di ricercatori, infatti, ha dimostrato che, in un modello murino, bloccando l'attività della TGF-beta1 - proteina con un ruolo cruciale nella regolazione del metabolismo osseo - si osserva un arresto della progressione della malattia.
 
La teoria prevalente sullo sviluppo della OA si concentra, piuttosto, sulla degenerazione della cartilagine articolare come prima causa della patologia, suggerendo che un'instabilità della pressione meccanica sulle articolazioni porti a danni sempre maggiori alla cartilagine, fino ad arrivare al punto in cui l'unica opzione terapeutica rimasta è la sostituzione totale del ginocchio o dell'anca. Secondo la nuova teoria proposta dal gruppo americano, invece, il danno iniziale a livello della cartilagine farebbe sì che l'osso sottostante si comporti in modo improprio, producendo un surplus di tessuto che stirerebbe la cartilagine sovrastante,  accelerandone il deterioramento.

"Se c'è qualcosa che non va nella gamba di una sedia e si tenta di risolvere il problema sostituendo il cuscino, il problema non si risolve " afferma con un'efficace metafora il primo autore del lavoro, Xu Cao, direttore del Center for Musculoskeletal Research del dipartimento di chirurgia ortopedica della Johns Hopkins, in un comunicato stampa diffuso dall'università americana. "Pensiamo che nell'OA il problema non stia solo nel 'cuscino' di cartilagine, ma anche nell'osso che ci sta sotto" aggiunge il ricercatore.

Nella maggior parte dei casi, la degenerazione prende avvio da un'instabilità del carico sulle articolazioni portanti del ginocchio e dell'anca, causata da lesioni o distorsioni, tant'è vero che gli atleti, i soggetti in sovrappeso e le persone i cui muscoli sono indeboliti dall'invecchiamento sono ad alto rischio di sviluppare la malattia, la cui prevalenza è in rapido aumento e si stima raddoppierà entro il 2030.
La mancanza di farmaci realmente efficaci contro la'OA e l'incompleta comprensione dei meccanismi che ne stanno alla base hanno spinto il gruppo a indagare su una possibile causa diversa dalla degenerazione della cartilagine articolare e rivolgere la propria attenzione all'osso subcondrale.
 
Utilizzando topi con il legamento crociato anteriore strappato, una causa nota di OA del ginocchio, i ricercatori hanno scoperto che, appena una settimana dopo il danno, gli osteoclasti avevano portato alla formazione di sacche di ossosubcondrale e che tale processo era associato a un aumento dei livelli midollari di TGF-beta1- Questo, a sua volta, determinava il richiamo in loco di cellule staminali atte a produrre nuovo tessuto osseo per riempire le lacune, tramite la formazione di ‘isolotti osteoidi' di nuovo osso nel midollo.
Ma nel topo i processi di deposizione e distruzione ossea non sono risultati coordinati e ha prevalso la deposizione, aumentando ulteriore il carico sulla cuffia cartilaginea. Secondo Cao e gli altri autori, il cuore dell'OA sta proprio in questa formazione di osso estraneo, idea confermata anche dai risultati di una simulazione al computer del ginocchio umano.
 
Per mettere alla prova la loro ipotesi, i ricercatori hanno testato diversi metodi per bloccare l'attività di TGF-beta1. La somministrazione di un inibitore della TGF-beta1 per via endovenosa ha prodotto un netto miglioramento dell'osso subcondrale ma non ha frenato il deterioramento della cuffia cartilaginea. Tuttavia, quando il team ha iniettato un inibitore della TGF-beta1 differente, un anticorpo monoclonale, direttamente nell'osso subcondrale, si è osservato un effetto positivo sull'osso senza osservare effetti negativi sulla cartilagine. Lo stesso risultato si è ottenuto nei topi con cellule progenitrici dell'osso modificate geneticamente in modo da non esprimere un recettore della TGF-beta1.

I ricercatori concludono quindi che l'aumento dei livelli di TGF-beta1 nell'osso subcondrale sembra essere alla base delle variazioni patologiche caratteristiche dell'OA e che l'inibizione di questo processo potrebbe rappresentare un possibile approccio terapeutico per combattere la malattia.
"I nostri risultati forniscono potenzialmente davvero buona una notizia ai pazienti affetti da OA" afferma Cao, aggiungendo che il suo gruppo sta già lavorando per sviluppare un test clinico per testare l'efficacia dell'applicazione di anticorpi anti-TGF-beta1 per via topica in pazienti con OA in fase iniziale.

G. Zhen, et al. Inhibition of TGF-β signaling in mesenchymal stem cells of subchondral bone attenuates osteoarthritis. Nature Medicine 2013; doi:10.1038/nm.3143
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