Artrite reumatoide, sarilumab, nuovo anti IL-6, bene in fase III
Giovedi 3 Luglio 2014
Positivi i risultati di uno studio di fase III, condotto con il farmaco sperimentale sarilumab in pazienti con artrite reumatoide non sufficientemente controllati con metotrexato. Lo studio è stato presentato al congresso EULAR, l’europeo di reumatologia che si è tenuto a Parigi questo giugno.
Il farmaco è il primo anticorpo monoclonale interamente umano diretto, come tocilizumab, contro il recettore dell’interleuchina 6 (IL-6). E’ stato sviluppato grazie alla tecnologia VelocImmune di Regeneron ed è somministrato per via sottocutanea.
Denominato SARIL-RA-MOBILITY, il trial ha arruolato 1197 pazienti con artrite da moderata a severa, che non avevano risposto al metotrexato in maniera adeguata. Inoltre il programma completo ha attualmente 6 studi in corso, per i quali è stato pianificato il reclutamento di circa 2800 pazienti con AR.
Mark Genovese, professore alla Stanford University e primo sperimentatore del trial, ha dichiarato che ''sarilumab ha dimostrato di essere efficace a due diversi dosaggi, entrambi somministrati ogni due settimane per via sottocutanea".
I pazienti venivano randomizzati in tre bracci di trattamento: sarilumab alla dose di 150 mg ogni due settimane, sarilumab alla dose di 100 mg ogni due settimane oppure placebo. In tutti e tra i bracci di studio i pazienti ricevevano anche metotrexato.
Sarilumab ha apportato, entrambi i dosaggi associati a metotrexato (MTX), miglioramenti statisticamente significativi rispetto al gruppo trattato con placebo (+MTX) nei 3 endpoint primari (p<0,0001): • miglioramento dei segni e dei sintomi dell’AR, misurato attraverso lo score ACR20, dopo 24 settimane di trattamento. I miglioramenti osservati erano del 58%, 66% e 33% con sarilumab 150 mg, sarilumab 200 mg e placebo rispettivamente • miglioramento della funzione fisica, misurata attraverso l’Health Assessment Questionnaire - Disability Index (HAQ-DI), dopo 16 settimane di trattamento. L’HAQ-DI aveva subito una riduzione pari a -0,53 con sarilumab 150 mg, -0,55 con sarilumab 200 mg e -0,29 con placebo • inibizione della progressione del danno strutturale, misurata attraverso la variazione dell’indice ecografico van der Heijde modified total Sharp score (mTSS), alla 52° settimana di trattamento. L’indice era aumentato di 0,25 con sarilumab 200 mg, 0,90 punti con sarilumab 150 e 2,78 mg con placebo
Per tutti gli endpoint primari le differenze fra i gruppi trattati con sarilumab e quello che riceveva placebo erano statisticamente e clinicamente significative. “Siamo incoraggiati dal potenziale di sarilumab per offrire una nuova alternativa nell’armamentario terapeutico per i pazienti che soffrono di AR”, spiega il Dr. Genovese, il quale prevede che “quando le due società che stanno sviluppando sarilumab sottometteranno la domanda di approvazione, cercheranno probabilmente di ottenere l’indicazione per il trattamento di pazienti adulti con malattia da moderata a severa che hanno mostrato una risposta inadeguata ai disease-modifying antirheumatic drugs (DMARDs) o agli inibitori del tumor necrosis factor–alpha (anti-TNF).
Un altro nuovo dato interessante presentato al congresso EULAR è l’aver osservato il miglioramento dei principali endpoint secondari di risposta clinica in entrambi i gruppi trattati con sarilumab. Sarilumab, combinato a MTX, si è infatti dimostrato efficace nel raggiungere la maggiore risposta clinica, con un ACR70 mantenuto per almeno 24 settimane consecutive dal 12,8% dei pazienti trattati con il dosaggio inferiore e dal 14,8% dei pazienti trattati con il dosaggio superiore, contro un 3% dei pazienti sottoposti a placebo (p<0,0001).
Nel trial SARIL-RA-MOBILITY è stata osservata un’incidenza di eventi avversi emersi dal trattamento (TEAE) - e determinanti l’uscita dallo studio - più elevata nel gruppo sottoposto a sarilumab rispetto a placebo (12,5 % per sarilumab 150 mg, 13,9 % per il 200 mg e 4,7 % per il gruppo a placebo). Le infezioni sono state gli eventi più frequenti. Esse si sono verificate in misura superiore nei gruppi di pazienti trattati con sarilumab rispetto al gruppo con placebo: 40,1 % per sarilumab 150 mg, 39,6 % per sarilumab 200 mg e 31,1 % per placebo. Inoltre l’incidenza di reazioni avverse serie era del 2,6% nei pazienti trattati con sarilumab 150 mg, 4,0% per i pazienti trattati con 200 mg e 2,3 % nel gruppo sottoposto a placebo.
Fra i pazienti trattati con sarilumab è stata osservata inoltre una riduzione dose-dipendente della conta media dei neutrofili. Le infezioni serie non erano associate con i gradi di neutropenia 3 e 4 in questo studio. Sono stati però osservati degli aumenti del colesterolo LDL e delle transaminasi; tutti i risultati sono in linea con quanto già pubblicato, precisa il Dr. Genovese.
In conclusione, Sarilumab ha raggiunto tutti e tre gli endpoint principali che il trial si era prefissato, dimostrando miglioramento dei seguenti parametri: segni e dei sintomi a 24 settimane, funzione fisica a 16 settimane e riduzione della progressione del danno articolare a 52 settimane.
“IL-6 è una citochina pro-infiammatoria chiave che ha influenza l’infiammazione, l’osso ed il metabolismo”, spiega il Dr. Genovese.
“L’inibizione della IL-6 dovrebbe determinare miglioramenti significativi in tutte queste aree. Questo studio ha dimostrato che l’inibizione della IL_6 può ridurre i segni ed i sintomi della AR e aiutare nel fermare la distruzione delle articolazioni nei pazienti con AR. Studi aggiuntivi di fase III con sarilumab sono in corso e dovrebbero offrire ulteriori evidenze a supporto della tesi per cui la terapia di inibizione del recettore della IL-6 con sarilumab può essere un’opzione futura per i pazienti con AR. E’ probabilmente troppo presto per dire se ci siano o meno vantaggi speciali o opportunità nella strategia con inibitori dell’IL-6, rispetto all’utilizzo di qualunque altra classe di biologici o DMARD”, conclude il Dr. Genovese.