Artrite reumatoide e rischio linfoma in toto, scagionati farmaci anti-TNF
Giovedi 17 Dicembre 2015
Il rischio complessivo di linfoma nei pazienti affetti da artrite reumatoide (AR) non è influenzato in maniera sostanziale dall'esposizione a lungo termine ai DMARD biologici (DMARDb).
Queste le conclusioni principali di uno studio presentato nel corso dell'ultima edizione del congresso annuale ACR, tenutosi a S. Francisco (USA).
Nello specifico, è stato osservato che l'AR ha effettivamente raddoppiato il rischio di linfoma rispetto alla popolazione generale in un ampio registro svedese di pazienti, ma anche che questo incremento è indipendente dall'esposizione o meno dei pazienti ai DMARDb.
Nei pazienti trattati con questa classe di farmaci, invece, è stato documentato un innalzalmento del rischio di linfoma delle cellule T o NK 6 volte superiore rispetto alla popolazione generale e 4 volte superiore rispetto ai pazienti DMARD-naive.
Ciò suggerisce, quindi, la necessità di continuare a studiare i possibili legami esistenti tra l'assunzione di DMARDb e specifici sottotipi di linfoma.
In letteratura si dibatte da tempo se l'AR severa sia responsabile dell'incremento di linfoma per se o in relazione all'assunzione di DMARDb.
I trial clinici disponibili hanno prodotto risultati contraddittori mentre gli studi osservazionali non hanno documentato un legame complessivo tra i DMARDb e il rischio di linfoma, sollevando, tuttavia, alcune domande in merito all'esposizione a lungo termine a questi farmaci, agli effetti dei singoli farmaci e ai sottotipi di linfoma presenti.
Per approfondire la questione, gli autori dello studio presentato al Congresso hanno messo a confronto 15 anni di dati relativi 13.240 pazienti con AR trattati con DMARDb - provenienti da registri svedesi sull'impiego di farmaci biologici e di registri su pazienti affetti da cancro – con quelli di una coorte di 46.568 pazienti naive al trattamento con DMARDb.
Non solo: i pazienti hanno messo a confronto i pazienti appartenenti ai due gruppi sopramenzionati con 458.846 adulti dello Swedish Population Register, incrociati in base all'età e al sesso e seguiti fino alla fine del 2012 o fino a diagnosi o morte per linfoma o fino all'inizio del trattamento con un DMARDb, se naive al trattamento con questi farmaci.
Nel complesso, nei pazienti con AR era rilevabile, in media, una diagnosi di linfoma per 1.000 individui, rispetto a 0,5 casi per 1.000 individui afferenti alla popolazione complessiva svedese.
In termini di numeri assoluti, sono stati registrati 241 casi di linfoma nei pazienti naive ai DMARDb, 1.413 casi nella popolazione generale e 69 casi in quelli trattati con DMARDb (68 dei quali in trattamento con farmaci anti-TNF).
Soffermando l'attenzione su questi ultimi, questi avevano un'età media di 57 anni, avevano avuto una diagnosi di AR a 50 anni, mostravano un punteggio DAS28 di attività di malattia pari a 5,3 ed erano trattati con farmaci anti-TNF da almeno 5,9 anni, in media.
Lo studio ha mostrato che, in questi pazienti, il rischio di andare incontro ad un determinato sottotipo di linfoma maligno era superiore del 20% a quello rilevato nei pazienti DMARDb-naive.
Tuttavia, la differenza di rischio tra gruppi era trascurabile se si considerava il rischio di linfoma in toto e nei sottogruppi stratificati per sesso, età e anno di inizio del trattamento.
Allo stesso modo, nonostante i pazienti fossero a rischio maggiore di linfoma per tempi di esposizione ai DMARDb compresi tra 5 e 15 anni (HR=1,9) anziché per tempi inferiori (HR=1), non sono state documentate differenze significative tra gruppi in termini di rischio oncologico rispetto ai pazienti DMARDb-naive.
Nel commentare i risultati, gli autori dello studio hanno aggiunto che “...non sono state documentate differenze significative del rischio a seconda del farmaco utilizzato – infliximab, etanercept e adalimumab.”
Al contrario, sia i pazienti sottoposti a trattamento pregresso che quelli naive al trattamento con DMARDb sono risultati essere a rischio elevato di linfoma di Hodgkin e linfoma diffuso delle cellule B rispetto alla popolazione generale, ma, soprattutto, a rischio molto elevato di linfoma delle cellule T o NK (HR=6; IC95%= 2,7-13,3). “Per queste ragioni – concludono gli autori – la distribuzione dei sottotipi di linfoma necessita, in futuro, di valutazioni e studi di approfondimento ulteriori”.
Bibliografia Hellgreen K et al. Lymphoma in Patients with Rheumatoid Arthritis Treated with Biologic Drugs: Long-Term Follow-up of Risks and Lymphoma Subtypes. ACR 2015, Abstract 2052 Leggi