Artrite reumatoide e rischio diabete, il link è dato dall'attività di malattia elevata e dai livelli di alcune citochine
Venerdi 22 Gennaio 2021
Nicola Casella
Livelli più elevati di alcune citochine, come pure una maggiore attività di malattia, sembrano essere associati ad un innalzamento del rischio di diabete mellito. Lo dimostrano i risultati di uno studio pubblicato su ARD, che apre alla possibilità di mettere a punto nuove sperimentazioni cliniche finalizzate a verificare se l'impiego di trattamenti a target in soggetti a rischio diabete possa prevenire l'insorgenza di malattia metabolica.
Razionale e disegno dello studio I pazienti con AR potrebbero essere a maggior rischio di sviluppo di diabete mellito, per quanto i risultati degli studi fin qui pubblicati siano confliggenti tra loro. Questo incremento del rischio, sottolineano i ricercatori nell'introduzione allo studio, è importante dal momento che potrebbe contribuire all'osservazione di un maggior rischio CV e di mortalità prematura in questa popolazione.
Alcune evidenze suggeriscono che l'infiammazione sistemica potrebbe direttamente portare a sviluppo della condizione di insulino-resistenza e di scarsa produzione di insulina mediante interferenza con le funzioni cellulari del pancreas, del fegato e dei muscoli scheletrici.
L'infiammazione sistemica è stata considerata come un fattore di rischio potenziale ed è stata associata con l'incidenza di diabete nella popolazione generale.
Nonostante l'aumentata consapevolezza dell'esistenza di un legame potenziale tra l'infiammazione e l'insulino-resistenza, pochi studi hanno valutato la relazione tra l'attività di malattia nei pazienti con malattia infiammatorie come l'AR e lo sviluppo successivo di diabete.
Alcuni studi hanno dimostrato che alcuni trattamenti sono associati ad un rischio diabetico più basso nei pazienti con AR e PsA, suggerendo un beneficio in termini di superiore controllo di malattia, anche se tali studi non hanno direttamente valutato l'effetto dell'attività di malattia di per se stessa.
A ciò si aggiunga che un numero ancora più piccolo di studi ha valutato l'esistenza di una possibile correlazione tra i livelli circolanti di alcuni mediatori dell'infiammazione con il rischio di diabete in questa popolazione.
Nella popolazione generale, alcune citochine e chemiochine sono state implicate nello sviluppo diabete – IL-1, IL-6, TNF-alfa, IL-8, IL-18 e MCP-1. L'identificazione di specifiche citochine/chemiochine circolanti che sono implicate nel rischio di diabete potrebbe avere, pertanto, possibili implicazioni nel predire il rischio a lungo termine e guidare la scelta di possibili terapie mirate nei pazienti con AR a rischio di diabete.
Lo studio pubblicato si è proposto di verificare la veridicità delle due ipotesi seguenti: 1) l'esistenza di una associazione tra l'infiammazione legata all'attività di AR con un rischio più elevato di incidenza di diabete, indipendentemente dalla presenza di altri fattori clinici; 2) l'esistenza di un contributo delle citochine pro-infiammatorie e delle chemiochine all'innalzamento del rischio diabetico al di là della sola valutazione dell'attività di AR.
Disegno dello studio e risultati principali Per analizzare il legame esistente tra l'attività di malattia infiammatoria – considerando alcune citochine/chemiochine specifiche – e lo sviluppo successivo di diabete, i ricercatori hanno studiato pazienti adulti con AR reclutati nel registro Usa VARA (the Veteran’s Affairs Rheumatoid Arthritis), un registro messo a punto nel 2003 che raccoglie informazioni sanitarie relative a 13 centri Usa per veterani di guerra.
Nel caso specifico, l'attenzione dei ricercatori si è focalizzata sui dati del registro relativi a 1.866 partecipanti inizialmente non diabetici, seguiti nel corso del tempo. I ricercatori hanno valutato un panel di 30 citochine e chemiochine. I livelli sierici sono stati opportunamente misurati. Inoltre, hanno stimato l'incidenza di diabete sulla base di algoritmi validati, utilizzando codici diagnostici e considerando i farmaci utilizzati.
Da ultimo, sono stati utilizzati modelli di Cox per esaminare le associazioni tra i singoli fattori clinici e l'incidenza di diabete, dopo aggiustamento dei dati in base all'età, al sesso, all'etnia, allo status di fumatore, al BMI e all'impiego iniziale di farmaci.
Durante 9.223 persone-anno di follow-up sono stati registrati 130 casi di diabete mellito. Sia l'elevato punteggio DAS28-CRP di attività di malattia che l'obesità, l'età avanzata e all'appartenenza al genere maschile sono risultati associati a un maggior rischio di diabete, mentre lo status di fumatore e l'impiego di MTX sono risultati fattori protettivi.
I pazienti che utilizzavano MTX hanno dimostrato un rischio più basso di diabete.
Alcune citochine e chemiochine sono risultate indipendentemente associate al diabete: IL-1, IL-6 e alcune citochine/chemiochine di derivazione macrofagica. Queste associazioni sono risultate indipendenti dal punteggio DAS28-CRP.
Riassumendo Pur con alcuni limiti (disegno osservazionale dello studio) “..i risultati ottenuti suggeriscono che un miglior controllo dell'attività di malattia potrebbe aiutare a prevenire la complicanza diabetica – scrivono i ricercatori nelle conclusioni del lavoro”. “Inoltre – aggiungono – non possiamo escludere che l'infiammazione abbia un ruolo centrale nello sviluppo di diabete anche per altre patologie ad eziologia autoimmunitaria diverse dall'AR, anche se, al momento, non esistono ancora documentazioni a supporto per confermare questa possibilità”.
Nicola Casella
Bibliografia Baker JF et al. Ann Rheum Dis Epub ahead of print. doi:10.1136/ annrheumdis-2020-219140 Leggi