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Artrite reumatoide, consumo elevato cibi altamente processati legato a maggior rischio cardiovascolare

Uno studio recentemente pubblicato su Clinical Rheumatology (1) ha dimostrato che livelli più elevati di consumo di cibi altamente processati si associano ad un peggior profilo metabolico e ad un innalzamento del rischio cardiovascolare. Al contrario, livelli più elevati di consumo di cibi minimamente o affatto processati si associano a livelli più bassi di colesterolo LDL e ad una riduzione del rischio CV a 10 anni.

Razionale dello studio
Le malattie cardiovascolari rappresentano la causa principale di morbi- mortalità nell'artrite reumatoide (AR), e tale osservazione può essere parzialmente spiegata con l'adozione di uno stile di vita non salutare (2).

“L'alimentazione – spiegano i ricercatori nell'introduzione al lavoro – rappresenta una strategia cost-effective per prevenire i fattori di rischio CV”.

“In letteratura – continuano – non sono numerosi gli studi sui pattern alimentari nei pazienti con AR; inoltre quelli esistenti si sono focalizzati esclusivamente sull'associazione tra l'assunzione di nutrienti specifici (es: omega-3, selenio, vitamina D) e i sintomi di malattia. (…) Come sottolineato giustamente da Ioannidis, l'alimentazione umana, ormai, si caratterizza per l'assunzione di migliaia di sostanze additive e di ingredienti, combinabili in milioni di possibili associazioni giornaliere, che rendono oggettivamente problematico ipotizzare che il rischio di malattia sia modulato dalle sostanze maggiormente presenti (carboidrati e grassi, per fare un esempio)”.

Per superare questa limitazione, è stata raccomandata, allora, una valutazione più generalizzata dei regimi alimentari adottati. La classificazione NOVA, ad esempio, stratifica i cibi e i prodotti alimentati in base ai livelli di processamento (alimenti minimamente o affatto processati, cibi processati e alimenti altamente processati).

Il consumo di alimenti altamente processati (es: prodotti tipici dei fast food, soft drink, gelati, cibi surgelati), ricchi in calorie, zuccheri, grassi e sale e poveri in fibre, proteine, vitamine e minerali, è stato associato ad iperglicemia, iperinsulinemia, dislipidemia, ipertensione e obesità. Ciò ha portato un numero crescente di linee guida nazionali sull'alimentazione ad esprimersi a sfavore del consumo di questi alimenti.

L'assenza di studi specifici sui pattern di consumo alimenti, con particolare riferimento al processamento degli alimenti, e sul loro ruolo come potenziale fattore di rischio CV, ha portato all'implementazione di questo studio, che si è proposto di verificare le associazioni esistenti tra i livelli di processamento degli alimenti con i fattori di rischio CV in pazienti con AR. Lo studio ha voluto verificare la fondatezza dell'ipotesi secondo la quale il consumo di cibi ultra-processati si associa ad un rischio maggiore, mentre il consumo di alimenti minimamente o affatto processati si associa ad un effetto cardioprotettivo.

Risultati principali
Lo studio, cross-sectional, ha incluso 56 donne con AR (età: 62,5±7,9 anni; BMI: 28,4±5,1 kg/m2). Dall'analisi del campione è emerso che il consumo di alimenti minimamente o affatto processati era quello maggiormente prevalente nelle partecipanti allo studio (42,6±12,6% di assunzione totale di energia [TEI]), seguito dal consumo di alimenti processati (24,2±11,9% TEI), ultra processati (18,1±11,8% TEI), e ingredienti di cucina (15,1±6,4% TEI).

Dopo l'adozione di modelli di regressione statistica aggiustati per la presenza di fattori confondenti, è stata documentata l'esistenza di un'associazione negativa tra un elevato consumo di alimenti non processati o minimamente processati e:
- il punteggio di rischio di Framingham (β=-0,07 [IC95%= -0,14; -0,006]; p=0,034)
- il rischio CV a 10 anni (β =-0,07 [IC95%= -0,12; -0,02]; p =0,013)
- i livelli di LDL (β=-1,09 [IC95%=-1,94; -0,24]; p =0,014)

Inoltre, è stato rilevata l'esistenza di un'associazione positiva tra il consumo elevato di alimenti ultra processati e l'emoglobina glicata (β=0,04 [IC95%=0,01-0,07]; p =0,013).

Dopo che è stato effettuato un aggiustamento dei dati in base all'età e al BMI, la relazione tra il consumo di cibi minimamente o affatto processati e il punteggio di rischio CV di Framingham ha perso di significatività statistica, Tuttavia, l'aggiustamento dei dati per i 2 fattori confondenti sopra citati ha portato l'associazione tra un consumo elevato di alimenti altamente processati e il punteggio di rischio di Framingham a diventare statisticamente significativa (β=0,06 [IC95%:0,001-0,11]; p =0,045).

Riassumendo
In conclusione, “...i pazienti con AR che si caratterizzano per un consumo elevato di alimenti ultra-processati mostrano livelli più elevati di emoglobina glicata e un punteggio di rischio di Framingham maggiore, mentre quelli che consumano cibi minimamente o affatto processati mostrano una riduzione del rischio CV a 10 anni”.

Pertanto, il pattern alimentare caratterizzato da assunzione elevata di cibi ultra-processati si connota come un nuovo fattore di rischio CV modificabile nell'AR. Sono ora necessari nuovi studi, di disegno prospettico e dimensionati ad hoc, che siano in grado di approfondire e rispondere a questa ipotesi con interventi sullo stile alimentare ad hoc e misurabili.

Nicola Casella

Bibliografia
Smaira FI et al. Ultra-processed food consumption associates with higher cardiovascular risk in rheumatoid arthritis [published online January 4, 2020]. Clin Rheumatol. doi:10.1007/s10067-019-04916-4
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