Artrite reumatoide, consumo elevato cibi altamente processati legato a maggior rischio cardiovascolare
Giovedi 19 Marzo 2020
Nicola Casella
Uno studio recentemente pubblicato su Clinical Rheumatology (1) ha dimostrato che livelli più elevati di consumo di cibi altamente processati si associano ad un peggior profilo metabolico e ad un innalzamento del rischio cardiovascolare. Al contrario, livelli più elevati di consumo di cibi minimamente o affatto processati si associano a livelli più bassi di colesterolo LDL e ad una riduzione del rischio CV a 10 anni.
Razionale dello studio Le malattie cardiovascolari rappresentano la causa principale di morbi- mortalità nell'artrite reumatoide (AR), e tale osservazione può essere parzialmente spiegata con l'adozione di uno stile di vita non salutare (2).
“L'alimentazione – spiegano i ricercatori nell'introduzione al lavoro – rappresenta una strategia cost-effective per prevenire i fattori di rischio CV”.
“In letteratura – continuano – non sono numerosi gli studi sui pattern alimentari nei pazienti con AR; inoltre quelli esistenti si sono focalizzati esclusivamente sull'associazione tra l'assunzione di nutrienti specifici (es: omega-3, selenio, vitamina D) e i sintomi di malattia. (…) Come sottolineato giustamente da Ioannidis, l'alimentazione umana, ormai, si caratterizza per l'assunzione di migliaia di sostanze additive e di ingredienti, combinabili in milioni di possibili associazioni giornaliere, che rendono oggettivamente problematico ipotizzare che il rischio di malattia sia modulato dalle sostanze maggiormente presenti (carboidrati e grassi, per fare un esempio)”.
Per superare questa limitazione, è stata raccomandata, allora, una valutazione più generalizzata dei regimi alimentari adottati. La classificazione NOVA, ad esempio, stratifica i cibi e i prodotti alimentati in base ai livelli di processamento (alimenti minimamente o affatto processati, cibi processati e alimenti altamente processati).
Il consumo di alimenti altamente processati (es: prodotti tipici dei fast food, soft drink, gelati, cibi surgelati), ricchi in calorie, zuccheri, grassi e sale e poveri in fibre, proteine, vitamine e minerali, è stato associato ad iperglicemia, iperinsulinemia, dislipidemia, ipertensione e obesità. Ciò ha portato un numero crescente di linee guida nazionali sull'alimentazione ad esprimersi a sfavore del consumo di questi alimenti.
L'assenza di studi specifici sui pattern di consumo alimenti, con particolare riferimento al processamento degli alimenti, e sul loro ruolo come potenziale fattore di rischio CV, ha portato all'implementazione di questo studio, che si è proposto di verificare le associazioni esistenti tra i livelli di processamento degli alimenti con i fattori di rischio CV in pazienti con AR. Lo studio ha voluto verificare la fondatezza dell'ipotesi secondo la quale il consumo di cibi ultra-processati si associa ad un rischio maggiore, mentre il consumo di alimenti minimamente o affatto processati si associa ad un effetto cardioprotettivo.
Risultati principali Lo studio, cross-sectional, ha incluso 56 donne con AR (età: 62,5±7,9 anni; BMI: 28,4±5,1 kg/m2). Dall'analisi del campione è emerso che il consumo di alimenti minimamente o affatto processati era quello maggiormente prevalente nelle partecipanti allo studio (42,6±12,6% di assunzione totale di energia [TEI]), seguito dal consumo di alimenti processati (24,2±11,9% TEI), ultra processati (18,1±11,8% TEI), e ingredienti di cucina (15,1±6,4% TEI).
Dopo l'adozione di modelli di regressione statistica aggiustati per la presenza di fattori confondenti, è stata documentata l'esistenza di un'associazione negativa tra un elevato consumo di alimenti non processati o minimamente processati e: - il punteggio di rischio di Framingham (β=-0,07 [IC95%= -0,14; -0,006]; p=0,034) - il rischio CV a 10 anni (β =-0,07 [IC95%= -0,12; -0,02]; p =0,013) - i livelli di LDL (β=-1,09 [IC95%=-1,94; -0,24]; p =0,014)
Inoltre, è stato rilevata l'esistenza di un'associazione positiva tra il consumo elevato di alimenti ultra processati e l'emoglobina glicata (β=0,04 [IC95%=0,01-0,07]; p =0,013).
Dopo che è stato effettuato un aggiustamento dei dati in base all'età e al BMI, la relazione tra il consumo di cibi minimamente o affatto processati e il punteggio di rischio CV di Framingham ha perso di significatività statistica, Tuttavia, l'aggiustamento dei dati per i 2 fattori confondenti sopra citati ha portato l'associazione tra un consumo elevato di alimenti altamente processati e il punteggio di rischio di Framingham a diventare statisticamente significativa (β=0,06 [IC95%:0,001-0,11]; p =0,045).
Riassumendo In conclusione, “...i pazienti con AR che si caratterizzano per un consumo elevato di alimenti ultra-processati mostrano livelli più elevati di emoglobina glicata e un punteggio di rischio di Framingham maggiore, mentre quelli che consumano cibi minimamente o affatto processati mostrano una riduzione del rischio CV a 10 anni”.
Pertanto, il pattern alimentare caratterizzato da assunzione elevata di cibi ultra-processati si connota come un nuovo fattore di rischio CV modificabile nell'AR. Sono ora necessari nuovi studi, di disegno prospettico e dimensionati ad hoc, che siano in grado di approfondire e rispondere a questa ipotesi con interventi sullo stile alimentare ad hoc e misurabili.
Nicola Casella
Bibliografia Smaira FI et al. Ultra-processed food consumption associates with higher cardiovascular risk in rheumatoid arthritis [published online January 4, 2020]. Clin Rheumatol. doi:10.1007/s10067-019-04916-4 LeggiTorna all'archivio