Artrite Reumatoide, abatacept efficace anche nel 'real world'
Domenica 23 Marzo 2014
Interruzione del trattamento a causa della mancata risposta al farmaco, scarsa tollerabilità, immunogenicità mediata dallo sviluppo di anticorpi diretti contro l’agente biologico: queste sono solo alcune delle numerose sfide che sempre più spesso i clinici sono chiamati ad affrontare, quando impegnati nel trattamento dell’artrite reumatoide (AR).
I dati preliminari di un studio osservazionale prospettico condotto in Europa e Canada, raccolti nella pratica clinica a 6 mesi dall’inizio di abatacept, sono stati oggetto di un pubblicazione recentemente uscita sulla rivista BMC Musculoskeletal Disorders.
Lo studio, chiamato ACTION da ‘AbataCepT In rOutiNe clinical practice’, ha valutato l’efficacia e la tollerabilità del primo modulatore selettivo della costimolazione delle cellule T su pazienti con artrite reumatoide da moderata a severa.
I pazienti sono stati reclutati dal maggio 2008 al gennaio 2011 in 9 diversi paesi Europei e in Canada. Dei pazienti reclutati, 236 erano italiani. Lo studio consisteva di due fasi di reclutamento. La prima prevedeva l’inclusione di pazienti naïve ai biologici (abatacept in prima linea), mentre la seconda di pazienti che avevano già fallito in passato almeno un biologico (abatacept in seconda linea). Ciascun paziente era stato seguito per 2 anni o, nel caso di interruzione precoce di abatacept, fino a 6 mesi dopo tale interruzione. Le osservazioni durante il follow up venivano registrate sul case report form circa ogni 3 mesi.
Gli endpoint valutati erano (i) la persistenza al trattamento (tasso di ritenzione calcolato utilizzando le curve di Kaplan–Meier) e (ii) l’efficacia. In particolare, l’efficacia era misurata mediante i criteri di risposta EULAR, l’attività di malattia (DAS28 e CDAI) e la funzione fisica (Health Assessment Questionnaire-Disability Index, HAQ-DI). Lo studio prevedeva inoltre la raccolta di tutti gli eventi avversi insorti.
Dei 1138 pazienti reclutati, 1114 erano idonei per essere inclusi nella valutazione della persistenza e 1079 nella valutazione dell’efficacia. Complessivamente il tasso di ritenzione alla terapia con abatacept era dell’88,6% (intervallo di confidenza 95%: 86,4 – 90,4). Il 67,4% dei pazienti avevano raggiunto una risposta EULAR buona o moderata ed il 32,8% aveva mostrato una bassa attività di malattia (CDAI≤10). Infine il 44,7% dei pazienti aveva ottenuto una buona risposta in termini di recupero della funzione fisica (variazione media dell’HAQ-DI rispetto al baseline ≥ 0,3 punti).
Confrontando i pazienti trattati con abatacept in prima linea con quelli trattati in seconda linea, i ricercatori non avevano osservato una significatività statistica. Nel primo caso il tasso di ritenzione al trattamento era del 93,0% (95% CI: 85,9 – 96,6) mentre nel secondo scendeva all’88,1% (95% CI: 85,7 - 90,0).
La percentuale di pazienti che aveva raggiunto una bassa attività di malattia era del 40,0% (95% CI: 26,4 – 53,6) per il gruppo trattato con abatacept in prima linea e del 32,2% (95% CI: 28,4 – 36,0) per il gruppo trattato in seconda linea.
Infine, dato ancora più interessante e statisticamente significativo, il 60,3% (95% CI: 47,8 – 72,9) dei pazienti trattati in prima linea aveva raggiunto una risposta clinica in termini di HAQ-DI, contro soltanto il 43,1% (95% CI: 39,0 – 47,2) riportato dall’altro gruppo.
Dati sulla sicurezza sono stati raccolti da tutti i 1138 pazienti reclutati. L’incidenza di eventi avversi gravi si attestava al 4,7% (n = 54/1138), ma lo studio non aveva rilevato alcun evento avverso nuovo o inatteso.
L’interruzione del trattamento a causa di eventi avversi seri era stata osservata solo nell’1,8% dei pazienti (n = 20/1138). Si erano inoltre verificati 9 decessi causati da asma e ictus, polmonite da aspirazione causata dalla sospensione di benzodiazepine, convulsioni, attacco cardiaco, urosepsi, suicidio, infezione polmonare da Pneumocystis jiroveci, sepsi ed infine una per ragioni sconosciute. Le infezioni serie si erano invece manifestate soltanto nell’1,7% (n=19) dei pazienti inclusi nello studio.
Nel corso della discussione, gli autori del paper spiegano che “i tassi di risposta di trattamento sono spesso inferiori nella pratica clinica rispetto a quelli osservati negli RCT [studi randomizzati e controllati]”. Questo potrebbe essere il risultato della mancata applicazione dei rigorosi criteri di inclusione ed esclusione tipici degli RCT. Tuttavia, “l'eterogeneità delle popolazioni di pazienti e delle caratteristiche della malattia nell’ambito degli studi osservazionali forniscono un punto di vista del mondo reale della pratica clinica”.
Lo studio presenta, a detta degli stessi autori, una serie di limitazioni “tra cui la mancanza di un comparatore attivo e/o la presenza di bias di selezione in base a fattori quali la gravità della malattia” o la presenza di eventi avversi seri. Inoltre, “il fallimento di molteplici farmaci biologici, prima del trattamento con abatacept, può aver portato i medici ad aspettare più a lungo prima di decidere che il trattamento era inefficace, compromettendo potenzialmente il tasso di ritenzione fino al 6° mese di trattamento”.
“Questo grande studio osservazionale del mondo reale ha dimostrato elevati tassi di ritenzione dei pazienti al trattamento con abatacept, a prescindere dalla linea di trattamento (prima o seconda) ,dal numero di agenti anti-TNF precedentemente falliti, o dal motivo per cui il trattamento aveva fallito”, spiegano gli autori. Inoltre i dati suggeriscono che nei pazienti già trattati in precedenza con abatacept si osservavano risultati migliori rispetto ai pazienti trattati dopo il fallimento di uno o più agenti anti-TNF. Tempo di ritenzione, bassa attività di malattia, remissione, risposta HAQ-DI, dati su profilo di sicurezza e efficacia erano coerenti con i dati provenienti da entrambi gli RCT con abatacept, dai registri nazionali e da quelli locali.
“I risultati qui presentati sottolineano che abatacept, usato sia da solo che in combinazione con DMARD sintetici, fornisce un’opzione di trattamento ben tollerata ed efficace per i pazienti con AR, compresi quelli per cui il precedente trattamento con anti-TNF aveva fallito”, concludono gli autori, precisando che “questi dati supportano ulteriormente l'uso di abatacept in monoterapia nella pratica clinica, come risulta dalle osservazioni dei registri dell’AR”. Francesca Sernissi
Riferimento Nüßlein HG, et al. Real-world effectiveness of abatacept for rheumatoid arthritis treatment in European and Canadian populations: a 6-month interim analysis of the 2-year, observational, prospective ACTION study. BMC Musculoskelet Disord. 2014 Jan 11;15:14. Torna all'archivio