Accesso ai farmaci e disparità regionali al centro della giornata mondiale del malato reumatico
Lunedi 10 Ottobre 2011
Sono oltre 5 milioni e chiedono solo le migliori cure possibili. Non sfilano in corteo. Non si arrampicano sui tetti. Non alzano striscioni in aria. Anche volendo non potrebbero farlo. Sono i malati reumatici italiani, condannati a una vita di dolore e invalidità perché non sempre hanno accesso alle migliori cure possibili. A differenza dei malati reumatici del resto d'Europa. E, come se non bastasse, persino nel nostro Paese ci sono politiche sanitarie così differenti da trasformare la cura della malattia in una lotteria tra chi ha avuto la fortuna di nascere nella regione giusta e chi no.
La denuncia viene da Gabriella Voltan presidente dell'Associazione Nazionale dei Malati Reumatici (ANMAR) che in occasione della Giornata Mondiale del Malato Reumatico, il 12 ottobre, chiede l'aiuto della Società civile affinché nel nostro Paese i malati possano contare, tutti, sulle migliori cure possibili. Ad affiancare i malati sono scesi in campo anche i medici, i reumatologi, che quotidianamente combattono questa battaglia insieme ai pazienti.
E così l'appello-denuncia viene sottoscritto da voci autorevoli come quella di Giovanni Minisola (Presidente della Società Italiana di Reumatologia - SIR), Luigi Di Matteo (Presidente del Collegio Reumatologi Ospedalieri Italiani - CROI), Guido Valesini (Fondazione Italiana per la Ricerca sull'Artrite- FIRA) e dalle principali Associazioni di malati.
Un appello-denuncia che verrà recapitato al ministro della salute Ferruccio Fazio tra i relatori del Convegno "Improve to Move - Movimento è vita" promosso da ANMAR, SIR, CROI e FIRA che si è svolto oggi a Roma alla Sala Capitolare Chiostro del Convento di Santa Maria Sopra Minerva, Senato della Repubblica.
Diritto alla migliore cura possibile. Parla Gabriella Voltan (Anmar) «L'Associazione Nazionale Malati Reumatici - dice Gabriella Voltan, Presidente ANMAR - crede che ogni persona con patologia reumatica abbia il diritto di essere tempestivamente e adeguatamente curata e che la tutela del lavoro e una vita quotidiana soddisfacente siano diritti imprescindibili. Le malattie reumatiche non sono una condizione ineluttabile della vita quotidiana e non è vero che contro il dolore nulla si può. Oggi le malattie reumatiche costituiscono un importante problema di salute pubblica, sia per l'elevato impatto sulla popolazione che per i costi terapeutici e previdenziali. Informazione e strumenti legislativi a livello nazionale e regionale possono fare davvero la differenza nella vita di ogni persona affetta da patologia reumatica».
La cura efficace oggi esiste ed è rappresentata dai farmaci biologici. L'introduzione di queste terapie ha rappresentato una vera rivoluzione soprattutto per la qualità di vita dei pazienti. Sono terapie costose ma che comportano un risparmio indiretto in quanto consentono al malato di essere indipendente e non gravare, quindi, sulla collettività. Eppure in Italia rispetto agli altri Paesi europei sono ancora usati poco, e con una estrema eterogeneità da regione a regione. Una fotografia drammatica emersa anche da una Relazione messa a punto dalla Commissione Sanità del Senato nello scorso marzo. Tempo di fatti. Parla Giovanni Minisola (Sir) «La vita del malato reumatico è ricca di difficoltà e notevolmente compromessa - spiega Giovanni Minisola, Presidente della Società Italiana di Reumatologia e Primario della Divisione di Reumatologia dell'Ospedale "San Camillo" di Roma - Per migliorare la qualità della vita dei pazienti dobbiamo sperare che, finalmente, le Autorità competenti mostrino concretamente e non con le consuete dichiarazioni di intenti, un vero e sincero interesse nei confronti di chi è colpito da una malattia reumatica.
Purtroppo, oggi occorre constatare che c'è una scarsa attenzione nei confronti dei problemi che le malattie reumatiche creano e c'è poco interesse rispetto alle esigenze assistenziali dei pazienti, mentre è eccessiva e poco oculata l'attenzione dedicata ai costi assistenziali. Un riferimento specifico deve essere fatto ai farmaci biologici il cui impiego, quando necessario, non deve subire restrizioni economiche perché assicura nel medio e lungo termine un risparmio considerevole. E' assolutamente necessario, inoltre, rafforzare la rete assistenziale specialistica. La Giornata mondiale del Malato Reumatico deve rappresentare per le Autorità un'occasione opportuna per assumere impegni assicurando rapidi e concreti interventi a favore dei malati. La SIR chiede che i problemi posti vengano finalmente affrontati e risolti, senza ulteriori pretestuose dilazioni e ingiustificabili ritardi».
Cure appropriate e personalizzate. Parla Luigi Di Matteo (Croi) Ma non basta dire ‘farmaci biologici'. La vera chiave di volta nel trattamento di un malato reumatico è nella personalizzazione della terapia. Così come non si può liquidare il problema parlando genericamente di malattie reumatiche. Sono tante le differenze che fanno per un paziente "la differenza" in termini di qualità di vita.
«L'Italia è uno dei Paesi in cui la spesa sanitaria per i farmaci biologici è tra le più basse d'Europa - dice Luigi Di Matteo, Presidente del Collegio dei Reumatologi Ospedalieri Italiani (CROI) - Allo stato attuale sono utilizzabili numerosi farmaci biologici dai costi pressoché equivalenti. Ciascun farmaco ha proprietà farmacologiche e cliniche che lo differenziano dagli altri e a fronte di malattie mai uguali a se stesse (esistono i malati e non le malattie) essi consentono proprio attraverso la loro diversità un'opera di ‘accerchiamento' della malattia che solo così può essere sconfitta. E' quindi fondamentale che al Reumatologo non venga tolta questa libertà di modulare le terapie, è un modo appropriato per assicurare un impiego scientificamente corretto ed economicamente efficace delle risorse disponibili».
Sosteniamo la ricerca. Parla Guido Valesini (Fira) L'introduzione dei farmaci biologici ha rappresentato il cambio di passo nelle malattie reumatiche. Una svolta epocale. Resa possibile grazie all'impegno della Ricerca. Un impegno che non può venire meno. E che bisogna costantemente sostenere. «Negli ultimi dieci anni il contributo della Ricerca scientifica ha cambiato profondamente lo scenario delle malattie reumatiche e la vita dei malati - dice Guido Valesini (Consigliere della Fondazione Italiana per la Ricerca sull'Artrite (FIRA) e Direttore del Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Mediche, Reumatologia, dell' Università ‘La Sapienza' di Roma - La maggior parte delle malattie reumatiche non si può prevenire; esse si possono tuttavia diagnosticare precocemente (prima della comparsa di danni d'organo definitivi) e proprio in questa direzione si sono sviluppate le più recenti linee di ricerca. Negli ultimi 10 anni si sono meglio chiariti i meccanismi che causano le malattie, le cellule e le molecole coinvolte, i principali fattori di rischio. Le nuove conoscenze hanno consentito di sviluppare nuove terapie sempre più efficaci e le industrie hanno impegnato risorse scientifiche ed economiche crescenti. Ma proprio da una realtà così modificata è cresciuta la consapevolezza che anche nel campo delle malattie reumatologiche, come in campo oncologico, un ruolo fondamentale riveste la ricerca finanziata da enti istituzionali e dalle charities. La Fondazione Italiana per la Ricerca sull'Artrite è impegnata in una duplice opera di sensibilizzazione mirata a fare crescere il finanziamento della ricerca in ambito reumatologico e di diretto finanziamento della ricerca».
Prendiamo tutti un caffè al rallentatore Domani tutti sono chiamati a dare una mano ai malati reumatici. «Domani, 12 ottobre, Giornata mondiale del Malati Reumatico chiediamo a tutti gli italiani di bere il loro caffè mattutino in 5 minuti e non in un secondo come abitualmente fanno- dice Gabriella Voltan, presidente ANMAR - Un gesto apparentemente semplice che ci farà sentire meno soli e che farà capire cosa significa vivere una vita ‘al rallentatore', ma segnata anche da dolore e invalidità. Raccontare una malattia può risultare pesante o lagnoso, quindi quest'anno l'ANMAR ha deciso di farlo con un breve filmato: "A colazione con l'Artrite Reumatoide". La condizione che devono affrontare quotidianamente le persone colpite dall'artrite reumatoide, se non curate, non ha bisogno di commenti. Invitiamo tutti ad andare sul sito www.anmar-italia.it per vedere il video. Non lasciateci soli. Aiutateci a combattere la nostra battaglia».
Malattie reumatiche: cifre e costi Le malattie reumatiche sono la prima causa di dolore e disabilità di Europa. In Italia più di 5 milioni di persone soffrono di malattie reumatiche e di queste circa 734mila di forme croniche come l'artrite reumatoide e le spondiloartropatie. Malattie dai grandi numeri anche nei costi: la spesa farmaceutica in Italia è di circa 1,5 miliardi di euro l'anno e di 3 miliardi in termini di perdita di produttività. Ogni anno un malato spende 8 mila euro l'anno, ai quali vanno aggiunti i costi a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Una vita fatta di dolore e invalidità. Aspetti tanto più drammatici se si pensa che le malattie reumatiche, in particolare l'artrite reumatoide, colpiscono soprattutto persone giovani, nel pieno della vita lavorativa e sociale, soprattutto le donne. Ogni anno solo l'Artrite Reumatoide comporta 13 milioni di giornate di assenza dal lavoro.
Oggi tra i primi sintomi e la diagnosi trascorre mediamente un anno. Quando il circuito funziona in modo virtuoso e il medico di medicina generale riesce ad individuare correttamente i sintomi si riescono ad accorciare di gran lunga i tempi (7,7 mesi). In caso contrario, i tempi si allungano fino a due anni tra la comparsa dei primi sintomi e la diagnosi finale. Il percorso ad ostacoli dei pazienti è costituito da medici di medicina generale, pronto soccorso, specialisti ortopedici e fisiatri, con liste d'attesa della durata di mesi. Di conseguenza in Italia, meno del 20 per cento dei pazienti presenta una malattia con durata inferiore ai 2 anni. Al contrario, la quasi totalità dei pazienti è affetto da malattia di lunga durata: il 21 per cento ha durata di malattia dai 2 ai 5 anni; il 32 per cento da durata di malattia da 5 a 10 anni; il 29 per cento ha durata di malattia oltre 10 anni. Torna all'archivio