Scoperti macrofagi 'pompieri': potrebbero aprire la strada a cura per artrite reumatoide
Martedi 30 Giugno 2020
Redazione
L’artrite reumatoide è la più comune malattia infiammatoria cronica delle articolazioni e anche la più grave. Tante le opzioni terapeutiche, ma nessuna finora risolutiva. I pazienti hanno a disposizione da qualche anno, oltre agli anti-infiammatori tradizionali, anche armi terapeutiche potentissime, dai farmaci biologici (anti-TNF, anti-IL-6R), ai più moderni farmaci di sintesi (JAK-inibitori), che non rappresentano tuttavia la cura definitiva della malattia e ai quali non risponde ancora il 40% circa dei pazienti con la malattia in forma grave. Molte persone vanno in remissione grazie alle terapie, ma mancano biomarcatori affidabili che consentano di stabilire quale sia il momento migliore per scalare o sospendere questi farmaci.
A questi unmet need sul fronte della terapia potrà forse dare risposta uno studio italo-britannico pubblicato su Nature Medicine. La ricerca, frutto del lavoro dei ricercatori della UOC di Reumatologia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma, in collaborazione con l'Università di Glasgow e con il consorzio britannico RACE (Research into Inflammatory Arthritis Centre 'Versus Arthritis'), ha puntato i riflettori sul ruolo dei macrofagi, cellule residenti nel tessuto articolare che svolgono un ruolo fondamentale nel regolare l’infiammazione in tutte le fasi di malattia.
Un programma di ricerca durato quattro anni ha consentito al team internazionale di scoprire che nelle articolazioni di questi pazienti si svolge una vera e propria lotta tra macrofagi ‘piromani’ (quelli che scatenano l’infiammazione) e macrofagi ‘pompieri’ (quelli che gettano letteralmente acqua sul fuoco). Riuscire ad allearsi farmacologicamente con i macrofagi ‘pompieri’, individuati per la prima volta al mondo da questo studio, potrebbe consentire di mandare in remissione l’artrite reumatoide e forse anche di aprire la strada ad una cura definitiva per questa condizione invalidante.
La sinovia è una sorta di cellophan che riveste tutte le articolazioni ed è tutt’altro che inerte. Nei pazienti con gravi forme di artrite, brulica infatti di cellule infiammatorie, che producono sostanze ‘corrosive’ per l’osso, responsabili del danno strutturale a lungo termine. E’ qui che i ricercatori hanno individuato i macrofagi ‘piromani’, cellule che arrivano dal sangue circolante nell’articolazione, dove scatenano l’infiammazione (l’incendio) che la danneggia gravemente insieme all’osso circostante. Nei pazienti che vanno in remissione grazie alla terapia, i macrofagi ‘piromani’ vengono sostituiti dai macrofagi ‘pompieri’ che prendono il sopravvento, spengono l’infiammazione e istruiscono una serie di operai specializzati (i fibroblasti della sinovia) a riparare la membrana sinoviale danneggiata dalla malattia.
“Nessuno aveva mai studiato prima la fase di risoluzione dell’artrite – spiega il dottor Stefano Alivernini, UOC di Reumatologia, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, ricercatore di Reumatologia presso l’Università Cattolica, campus di Roma, primo autore dello studio e coordinatore scientifico della SYNGem Biopsy Unit - perché ci si concentrava piuttosto sulle fasi acute della malattia. Fino a qualche tempo fa inoltre il tessuto sinoviale veniva studiato nella sua globalità; adesso, grazie alla tecnica single cell, è possibile ‘spezzettarlo’ e analizzarne le singole componenti cellulari individualmente. Noi ci siamo concentrati sui macrofagi, le cellule che insieme ai fibroblasti sono i normali ‘residenti’ della sinovia e sono le prime cellule interessate nei processi infiammatori, che possiedono tutto un armamentario di citochine pro-infiammatorie (le ‘bombe Molotov’ dell’infiammazione), prodotte in corso di artrite. Con la tecnica del single cell, siamo andati a studiare come si modificano le popolazioni di macrofagi nel corso della malattia, dalla forma attiva alla remissione”. In piena infiammazione, nel tessuto sinoviale predominano i macrofagi MerTK negativi (i ‘piromani’), mentre in fase di remissione, predominano i macrofagi che esprimono il recettore MerTK. Sono loro i ‘pompieri’, i macrofagi ‘buoni’ in grado di spegnere l’infiammazione. I pazienti che restano in remissione alla sospensione della terapia, sono quelli con il maggior numero di cellule MerTK positive. Al contrario i pazienti che recidivano, hanno un alto numero di cellule MerTK negative.
“Con questa analisi abbiamo stabilito che se nella sinovia dei pazienti in remissione clinica la percentuale dei macrofagi ‘pompieri’ è inferiore al 50% del totale, il rischio di avere una recidiva alla sospensione del farmaco aumenta di 13 volte. Se il rapporto tra macrofagi MerTK positivi e MerTK negativi è inferiore a 2,5 volte, alla sospensione del farmaco il rischio di recidiva aumenta di 16 volte. Finora, nella decisione se scalare o sospendere la terapia nel paziente in remissione, ci si basava su criteri clinici, eventualmente corredati da un’ecografia articolare o da esami di laboratorio. Ma questo studio sulle biopsie sinoviali apre nuovi orizzonti soprattutto nell’ambito della medicina personalizzata.
“Questo studio – commenta la professoressa Elisa Gremese, coautrice senior dello studio e Responsabile della SYNGem Biopsy Unit - UOC di Reumatologia, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e associato di Reumatologia presso l’Università Cattolica, campus di Roma - aumenta le nostre conoscenze sull'atlante cellulare che caratterizza l'eterogeneità dell'infiammazione del tessuto sinoviale durante il decorso clinico dell'artrite reumatoide”. Inoltre, “Il risultato di questo studio è un merito alla visione e al lavoro di squadra del nostro gruppo di collaborazione internazionale. La scoperta di questi macrofagi anti-infiammatori (i macrofagi ‘pompieri’) apre nuove opportunità nel trattamento dell’artrite reumatoide e fa fare un passo avanti verso la medicina di precisione e personalizzata. Riteniamo che nei pazienti con artrite reumatoide, la biopsia sinoviale vada proposta non solo all’inizio del trattamento, ma anche in fase di remissione, in quanto si associa ad un’elevata capacità prognostica nei pazienti che sospendono il farmaco. La ‘firma’ del tessuto sinoviale in remissione profonda, quello che più si avvicina alla normalità, è la chiave per studiare quali potrebbero essere dei nuovi target terapeutici. La tecnologia single cell ci ha consentito di identificare alcune sottopopolazioni di macrofagi legate alla resistenza al trattamento e altre, collegate alla remissione sostenuta che, se potenziate, potrebbero agire come regolatori anti-infiammatori in questa malattia purtroppo debilitante. Dunque, integrando clinica e laboratorio nella SYNGem Biopsy Unit, l'uso della biopsia minimamente invasiva, applicata per la prima volta a diversi scenari clinici, e la caratterizzazione profonda del tessuto sinoviale, combinata a un'analisi senza precedenti, consentono di migliorare notevolmente le strategie per una gestione personalizzata dell'artrite reumatoide”.
Fonte: Ufficio Stampa Università Cattolica del S. Cuore, RomaTorna all'archivio