Un affettuoso e commosso ricordo di Ignazio Olivieri da parte di un collega e caro amico, Stefano Stisi.
Avevo conosciuto Ignazio Olivieri a Bologna nel 1994. All’epoca attraversavo un periodo di grande scoramento professionale che non mi lasciava intravvedere nessuna possibilità di iniziare a mettere in pratica le tanti cose apprese della Reumatologia, pur essendo già specialista ormai da almeno sette anni.
Ignazio era una promessa della Reumatologia che andava avverandosi ed era giunto da poco a Bologna, provenendo da Pisa. Organizzava a Bologna un convegno sulla malattia di Behçet ed io ero arrivato lì con la curiosità di saperne di più sulla malattia e sull’ambiente professionale. Ricordo che al termine del convegno avevo riempito il mio blocco d’appunti sino all’inverosimile per le tante cose che avevo appreso, ma soprattutto ero rimasto colpito dalla specifica e peculiare multidisciplinarietà dell’evento, che oggi classificheremmo quasi “multitasking”. Al termine mi avvicinai ad Ignazio per presentarmi e dirgli grazie per le tante cose che mi aveva dato opportunità di cogliere. Il tempo di stringersi la mano e di scambiarsi un sorriso, ma oggi posso dire di aver iniziato ad essere suo amico da quell’istante.
Mi avevano conquistato non solo la sua conoscenza approfondita della materia, ma soprattutto la semplicità con la quale mi aveva salutato: nessun muro, nessuna formalità, nessun infingimento. Molta essenza. Non si pose su un piccolo trono, una cattedra da cui pontificare, mi aveva salutato con la semplicità con la quale si può salutare uno che conosci da sempre, senza fronzoli. Poche parole, nessuna più del dovuto, tanto da ricordarmi ora una frase del Vangelo: “Il vostro parlare sia si, si. No, no. Il resto viene dal maligno”.
Lo avrò rincontrato poi centinaia di volte, per questo a lui collego molti ricordi personali e amicali. Quello che però oggi si presenta alla mia mente è un evento che fino a ieri sera avevo rimosso, fino, appunto, alla ricomparsa di questa foto: eravamo a Firenze, ospiti di Maurizio Benucci, era il settembre del 2015. Con Sarzi, Pucino e Cassisi si discuteva di quanto, abbagliati da diversi argomenti, noi reumatologi italiani stessimo mettendo da parte il tema “Dolore muscolo-scheletrico”, che pure sentivamo tutti essere la base di partenza dell’assistenza ai nostri malati. Improvvisando così un summit sul “dolore” che ha poi prodotto il tema del nostro XX° Congresso Nazionale CReI 2017, Ignazio con poche parole ci tracciò la sua visione della strada e soprattutto ci spronò a continuare con la stessa solerzia il percorso che avevamo già intrapreso insieme. Il clima era mite del residuo d’estate, l’amicalità e l’ospitalità del Benucci calde e squisite e la foto di Roberto Murgia ci colse proprio nell’attimo in cui si parlava del futuro della reumatologia, come ognuno di noi la intravvedeva.
Il nostro circo della Reumatologia - perennemente in moto di città in città e di tema in tema - oggi si ferma. Oggi nessuno ha il coraggio di rompere il muro del silenzio che si è alzato insuperabile tra noi, fatto di rispetto, di contrizione, di sincero dolore per la scomparsa dell’Amico. Oggi abbiamo bisogno di silenzio, di mettere in azione i ricordi e di leggere – tra essi – quei segni di amicizia che Ignazio ci aveva trasmesso.
Perdere un Amico è sempre bruttissimo.
Ignazio Olivieri era diventato, senza mai bramarlo, l'orizzonte di riferimento di tutti noi reumatologi meridionali. A questo ruolo non era stato eletto, ma vi era giunto attraverso l’autorevolezza delle sue scelte umane, le sue conoscenze ed il lavoro continuo. Nessuno lo aveva proclamato, tutti gli riconoscevamo il ruolo di “optime”.
Ignazio ha saputo fare più di chiunque altro prima di lui, facendo decollare dal nulla una grande struttura di eccellenza in Reumatologia a sud di Eboli, spingendo la frase di Carlo Levi più giù.