Artrite reumatoide, il time to pregnancy si allunga
Giovedi 17 Dicembre 2015
I risultati di uno studio, pubblicato su Annals of the Rheumatic Diseases (1) e condotto su una coorte prospettica di pazienti con artrite reumatoide (AR), hanno documentato come l'osservazione di un tempo necessario al concepimento (TTP) prolungato si associ ad un'età più avanzata, alla condizione di nulliparità, ad un'elevata attività di malattia nonché all'uso pre-concezionale di FANS e di prednisone (quest'ultimo a dosaggi giornalieri >7,5 mg).
L'AR rappresenta una delle malattie ad eziologia infiammatoria più frequenti nelle donne in età riproduttiva: “Quasi una paziente con AR su 3 con diagnosi di malattia prima del completamento della gestazione sperimenta problemi di fertilità – scrivono gli autori nell'introduzione al lavoro”. Queste mostrano un prolungamento del TTP e la probabilità che siano state sottoposte a trattamenti per la fertilità è maggiore rispetto alle donne non affette da AR (2).
“Fino ad ora – ricordano gli autori - la condizione di subfertilità era stata studiata solo in studi retrospettivi o mettendo a confronto dei registri, senza esaminare in modo approfondito le cause sottostanti questa condizione nell'AR.
Obiettivo dello studio, pertanto, è stato quello di cercare di identificare i fattori clinici associati con un TTP prolungato in queste pazienti affette da AR.
A tal scopo, i ricercatori hanno considerato i TTP di 245 pazienti partecipanti ad un ampio studio osservazionale prospettico di coorte olandese, lo studio PARA (Pregnancy-induced Amelioration of Rheumatoid Arthritis).
Per essere incluse nello studio PARA, le pazienti dovevano essere attivamente coinvolte nel progettare una gravidanza o dovevano essere già in stato interessante. Era necessario, inoltre, che avessero interrotto il trattamento con farmaci teratogenici, come il metotressato (MTX), da almeno 3 mesi. Il nuovo studio ha preso in considerazione solo le pazienti del PARA prima del concepimento o in stato interessante da almeno 3 mesi.
Le pazienti erano visitate preferenzialmente prima del concepimento, a cadenza trimestrale, nonché tre volte dopo il parto. Quelle che non avevano concepito entro 12 mesi dalla prima visita sono state sottoposte a visita medica di nuovo l' anno successivo. Ad ogni visita programmata, le pazienti dovevano compilare dei questionari, essere sottoposte ad intervista da parte del team di ricercatori e fornire dettagli sulle possibili variabili in grado di influenzare la fertilità come l'età, il numero di gravidanze avute e lo status di fumatrici.
L'attività di malattia è stata misurata mediante il punteggio DAS28- CRP, stratificando le pazienti, sulla base delle raccomandazioni EULAR, in pazienti in remissione (DAS28≤2,6) e pazienti con attività di malattia ridotta (2,6<DAS28≤3,2), intermedia (3,2<DAS28≤5,1) ed elevata (DAS28>5,1)
Grazie ad un questionario strutturato, inoltre, i ricercatori hanno registrato uso, frequenza e dosaggio dei farmaci anti-AR utilizzati. Il TTP è stato calcolato come tempo trascorso tra il primo tentativo di concepimento e il primo giorno dell'ultimo ciclo mestruale prima della gravidanza.
I risultati dello studio hanno documentato un TTP>12 mesi nel 42% delle pazienti considerate. Un TTP più lungo era associato all'età, alla condizione di nulliparità, al punteggio DAS28 e all'impiego preconcezionale di FANS e prednisone.
Queste variabili sono risultate indipendentemente associate con il TTP, con HR di gravidanza pari a 0,96 (IC95%= 0,92-1) per anno di età, 0,52 per la condizione di nulliparità (IC95%= 0,38-0,70), 0,81 (IC95%= 0,71-0,93) per incremento unitario del punteggio DAS28, 0,66 (IC95%= 0,46-0.94) per l'impiego di FANS e 0,61 (IC95%= 0,45-0,83) per quello di prednisone.
I ricercatori hanno osservato anche una dose-dipendenza relativa sull'impatto del prednisone nell'allungamento del TTP, soprattutto a dosaggi giornalieri >7,5 mg. Fumo, durata di malattia, presenza di RF e di ACPA, uso pregresso di MTX e preconcezionale di sulfasalazina, invece, non hanno prolungato il TTP.
Nel commentare i risultati, gli autori hanno sottolineato come, a loro conoscenza, l'attività di malattia da AR non fosse stata considerata fino ad ora come un fattore in grado di ridurre la fertilità, probabilmente a causa del disegno retrospettivo degli studi fino ad ora condotti.
“L'impatto dell'elevata attività di malattia sulla fertilità – spiegano gli autori – potrebbe essere spiegato con l'azione dei mediatori d'infiammazione, dal momento che molte citochine, chemochine e alcuni fattori di crescita giocano un ruolo importante nelle interazioni pre-impianto blastocisti-endometrio.”
“A tal riguardo – continuano gli autori – è stato già dimostrato in un nostro studio come livelli ematici elevati di IL-6 siano associati alla condizione di sottopeso alla nascita nei bimbi nati da madri affette da AR”.
Quanto ai FANS, gli autori ricordano come “...questi farmaci possano interferire con l'ovulazione, l'impianto e la formazione della placenta attraverso l'inibizione della sintesi di prostaglandine”, mentre, per spiegare l'effetto negativo del prednisone a dosi elevate, gli autori ricordano come “...sia stato dimostrato un suo effetto diretto sulla funzione ovarica o sull'endometrio e come i glucorticoidi, a dosi terapeutiche, siano in grado di ridurre la frequenza dei pulse di ormone luteinizzante dalla ghiandola pituitaria”.
Nicola Casella
Bibliografia Brouwer J et al. Fertility in Women With Rheumatoid Arthritis. Ann Rheum Dis. 2015;74(10):1836-1841. Leggi