Filgotinib, un inibitore sperimentale di Jak1, utilizzato in monoterapia in pazienti con risposta insoddisfacente a MTX, è in grado di migliorare i segni e i sintomi di AR fino a 24 settimane. Il trattamento, inoltre, si caratterizza per la rapida insorgenza d'azione e la buona tollerabilità. Sono queste le conclusioni di DARWIN-2 (1), un trial di Fase II recentemente pubblicato su Annals of the Rheumatic Diseases, che si aggiunge ai risultati pubblicati sullo stesso numero della rivista relativi allo studio DARWIN 1, che aveva documentato l'efficacia e la sicurezza del trattamento come add-on a MTX in pazienti con AR attiva di grado moderato-severo e risposta non soddisfacente a MTX.
Razionale e disegno dello studio
“MTX rappresenta una pietra miliare nel trattamento dell'artrite reumatoide (AR) - ricordano gli autori nell'introduzione allo studio – in quanto in grado di migliorare gli outcome di malattia. Tuttavia, anche utilizzando i dosaggi ottimali, solo il 50% dei pazienti risponde adeguatamente a questo trattamento”.
Filgotinib è un farmaco sperimentale che inibisce in modo selettivo JAK1, una molecola che gioca un ruolo importante nei processi infiammatori alla base dell'AR. A differenza di altri farmaci con meccanismi diversi (farmaci anti-TNF) che agiscono contro le citochine dell'infiammazione legata all'AR, filgotinib, come tutti gli inibitori delle JAK chinasi, interferisce sui segnali intracellulari che segnalano la presenza di citochine nell'ambiente esterno, innescando una risposta cellulare.
Lo studio DARWIN-2 è un trial clinico randomizzato di Fase II della durata di 24 settimane nel corso del quale 283 pazienti con AR di grado moderato-severo sono stati randomizzati, secondo uno schema 1:1:1:1 al trattamento con placebo o con filgotinib, ai dosaggi di 50, 100 o 200 mg, in monosomministrazione giornaliera, dopo un wash-out da trattamento pregresso con MTX (di durata superiore ad un mese) per manifesta inefficacia.
L'outcome primario dello studio era rappresentato dal soddisfacimento della risposta ACR20. Tra gli endpoint secondari dello studio, invece, vi erano la percentuale di pazienti che aveva raggiunto, rispettivamente, le risposte ACR50 e ACR70.
Risultati principali
Considerando l'endpoint primario dello studio, i ricercatori hanno osservato il raggiungimento della risposta ACR20 in misura significativamente maggiore rispetto al placebo nei gruppi di pazienti trattati con filgotinib, indipendentemente dal dosaggio utilizzato (50 mg=67%; 100 mg=66%; 200 mg=73%; placebo=29%; p<0,0001).
Quanto agli altri endpoint secondari (risposta ACR50/70, punteggio DAS28-CRP, indici CDAI e SDAI di attività di malattia e punteggio di disabilità HAQ-DI), sono state documentate a 12 settimane (e mantenute fino a 24) differenze a favore del trattamento in monosomministrazione giornaliera con filgotinib 100 o 200 mg vs. placebo. In particolare, per la risposta ACR50, le differenze di risposta tra filgotinib e placebo hanno raggiunto la significatività statistica, mentre un maggior numero di pazienti trattati con filgotinib a 100 o a 200 mg ha raggiunto la risposta ACR70.
Inoltre, per la maggior parte degli endpoint sopra indicati le risposte al trattamento sono state rapide e dose-dipendenti.
Quanto alla safety, il tasso di eventi avversi emergenti a seguito del trattamento è risultato sovrapponibile tra il gruppo placebo e i gruppi in trattamento attivo.
In particolare, ha interrotto il trattamento co filgotinib una percentuale di pazienti (9,2%) non significativa rispetto al placebo.
Sono stati documentati innalzamenti dose-dipendenti della creatininemia (fino a 3,5 μmol/L) in tutti i gruppi sottoposti a trattamento attivo. I livelli ematici di questo parametro, tuttavia, dopo un innalzamento iniziale, hanno raggiunto un plateau per stabilizzarsi fino a 24 settimane di osservazione. Quanto alla funzione epatica, i test sulle transaminasi sono rimasti sostanzialmente stabili.
Nei pazienti sottoposti a trattamento attivo, i livelli medi di emoglobina hanno subito un incremento, a fronte di una caduta della conta di neutrofili rispetto a quanto osservato nel gruppo placebo.
Infine, sono stati registrati eventi avversi seri in un paziente del gruppo placebo e in 8 pazienti trattati con filgotinib, ma non sono state documentate infezioni tuberculolari od opportunistiche.
Implicazioni dello studio
In conclusione, i risultati di questo studio di Fase II hanno dimostrato che filgotinib, utilizzato in monosomministrazione giornaliera, è risultato efficace e ben tollerato fino a 24 settimane, in maniera dose-dependente, nel trattare i segni e i sintomi di AR attiva.
In particolare, lo studio ha dimostrato che: 1) l'insorgenza d'azione del trattamento attivo si colloca nei range di dose maggiore; 2) i dosaggi di 100 mg e 200 mg si associano a tassi di risposta ACR50/70 superiori rispetto a quanto osservato con filgotinib al dosaggio minore (50 mg) e con placebo; 3) tutti i dosaggi utilizzati del farmaco sono risultati ben tollerati, con un'incidenza di eventi avversi simile al placebo e modeste ripercussioni su alcuni parametri di laboratorio e sulla conta di neutrofili.
Si attendono, ora, i risultati degli studi registrativi di Fase III per confermare questi risultati incoraggianti e portare alla messa in commercio di una nuova alternativa terapeutica ai DMARDs e ai biologici che potrebbe ridurre anche la necessità di ricorrere ad un trattamento ponte con steroidi.
Nicola Casella
Bibliografia
Kavanaugh A et al. Filgotinib (GLPG0634/GS-6034), an oral selective JAK1 inhibitor, is effective as monotherapy in patients with active rheumatoid arthritis: results from a randomised, dose-finding study (DARWIN 2). Ann Rheum Dis 2017; 76:1009–1019
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