L'inibitore sperimentale dei linfociti B atacicept (sviluppato in collaborazione tra Merck Serono e ZymoGenetics) ha deluso le attese. È negativo, infatti, il risultato di un paio di trial internazionali di fase II freschi di pubblicazione su Arthritis & Rheumatism, chiamati AUGUST I e II, nei quali il biologico non si è dimostrato efficace contro l'artrite reumatoide.
Nel primo, uno studio di dose-finding coordinato da Mark Genovese, della Stanford University di Palo Alto, in California, la percentuale di pazienti che hanno mostrato un miglioramento dei sintomi del 20% (ACR20) è risultata simile nei pazienti trattati con tre diverse dosi di atacicept (25 mg, 75 mg o 150 mg) oppure placebo (rispettivamente 30%, 27%, 39% e 29%; P = 0,410).
E nel secondo, firmato da Ronald van Vollenhoven, del Karolinska Institute di Stoccolma, e collaboratori, gli autori hanno messo a confronto due diversi dosaggi di atacicept con placebo e con adalimumab (Humira, Abbott)), ma solo quest'ultimo è risultato significativamente superiore al placebo per quanto riguarda la percentuale di pazienti che hanno raggiunto l'ACR20 (P < 0,001).
Atacicept è una proteina di fusione ricombinante completamente umanizzata che si lega alle due principali citochine coinvolte nella malattia autoimmune per quanto riguarda i linfociti B: il fattore di maturazione e sopravvivenza BLyS e il ligando induttore della proliferazione APRIL. Il risultato del sequestro delle due citochine è un impoverimento di plasmacellule, di linfociti B maturi e di autoanticorpi come il fattore reumatoide.
Poiché i linfociti B sono ritenuti implicati nella patogenesi dell'artrite reumatoide, c'è un crescente interesse per queste cellule come bersaglio terapeutico nei pazienti che non rispondono pienamente agli agenti attualmente disponibili, come gli anti-TNF.
Atacicept aveva alimentato le speranze perché diversi studi di fase I avevano dimostrato che questo agente è in grado di ridurre le immunoglobuline e fattore reumatoide e sembrava avere un'attività biologica rilevante. Incoraggiati da questi primi risultati, gli autori dello studio AUGUST I hanno arruolato 256 pazienti con artrite attiva che non avevano risposto in modo adeguato agli inibitori del TNF. I partecipanti sono stati trattai con placebo o una delle tre dosi di atacicept per via sottocutanea due volte alla settimana per 4 settimane e poi una volta alla settimana per 21 settimane.
Al di là del risultato negativo sul fronte dell'ACR20, anche quelli relativi alle risposte ACR50 e ACR70 non hanno mostrato differenze significative tra il gruppo placebo e i tre gruppi di trattamento attivo dopo 26 settimane di terapia. La risposta ACR50 è stata del 7%, con 25 mg di atacicept, del 14% con 75 mg e dell'11% sia con 150 mg sia con placebo. La risposta ACR70 è stata invece rispettivamente dell'0%, 6%, 5% e 0%. Tuttavia, nei gruppi in trattamento attivo si sono osservate riduzioni significative rispetto al basale nei livelli di IgM, IgA, IgG, e fattore reumatoide, con un effetto dose-dipendente.
Per quanto riguarda la sicurezza, in due pazienti trattati con la dose più alta di atacicept si sono verificate tre infezioni gravi, considerate potenzialmente legate al trattamento; un paziente nel gruppo 25 mg è deceduto per sepsi dopo un intervento chirurgico 14 mesi dopo l'ultima somministrazione di farmaco e anche questo evento è stato ritenuto potenzialmente correlato all'assunzione del biologico. Nella discussione del lavoro, gli autori fanno notare che sebbene non sia stato centrato l'endpoint primario dello studio, l'eterogeneità dell'artrite reumatoide suggerisce che alcuni sottogruppi di pazienti, per esempio quelli con elevati livelli di BLyS ed APRIL, potrebbero trarre beneficio da una terapia con atacicept.
Il secondo trial, AUGUST II, ha coinvolto 311 pazienti che non erano mai stati trattati in precedenza con un inibitore del TNF, ma che non avevano risposto adeguatamente al metotrexate. In questo caso, i partecipanti sono stati trattati con una dose da carico di atacicept pari a 150 mg due volte alla settimana per 4 settimane e poi una volta alla settimana per 21 settimane, 150 mg una volta alla settimana per 25 settimane, adalimumab sottocute 40 mg a settimane alterne per 25 settimane oppure placebo. Come nell'altro studio, l'endpoint era rappresentato dalla risposta ACR20 dopo 26 settimane di trattamento. I risultati sono stati i seguenti: atacicept con dose da carico 45% (OR 0,96; IC al 95% 0,51-1,82; P = 0,91), atacicept senza dose da carico 58% (OR 1,61; IC al 95% 0,78-3,35; P = 0,14), adalimumab 71% (OR 2,95; IC al 95% 1,51-5,76; P = 0,001) e placebo 46%.
Tuttavia, si sono osservate differenze significative per quanto riguarda la risposta ACR50, che è stata pari rispettivamente al 30% (OR 2,5; IC al 95% 1,1-5,6; P = 0,025), 33% (OR 3; IC 95% 1,4-6,7; P = 0,007) 38% (OR 3,7; IC 95% 1,7-8,2; P = 0,001) e placebo 15%.
Come nel primo trial, in entrambi i gruppi trattati con atacicept si è osservata una riduzione delle immunoglobuline e del fattore reumatoide. Per esempio, i livelli di fattore reumatoide IgM nei gruppi atacicept si sono ridotti del 60% rispetto al basale (P <0,001), mentre la corrispondente riduzione nel gruppo adalimumab è stata solo del 4%. Anche i valori assoluti dei linfociti B maturi sono sceso drasticamente rispetto al basale, del 63% nel gruppo trattato con la dose di carico e del 57% in quello non sottoposto al carico.
La maggior parte degli eventi avversi osservati in questo studio sono stati disturbi comuni quali mal di testa e rinofaringite e nei gruppi trattati con atacicept non si sono verificate infezioni gravi.
Per quanto delusi dai risultati, gli autori hanno definito "interessante" il fatto che le riduzioni delle immunoglobuline, e soprattutto del fattore reumatoide, dei linfociti B maturi, e delle plasmacellule non si sia tradotto in benefici clinici, mentre adalimumab è risultato efficace, pur senza queste riduzioni. Perciò, secondo i ricercatori, BLyS, APRIL, le loro cellule bersaglio (per esempio, i linfociti B maturi e le plasmacellule a vita breve) e gli autoanticorpi potrebbero non essere driver fondamentali dell'infiammazione caratteristica dell'artrite reumatoide.
In ogni caso, van Vollenhoven e i suoi collaboratori concludono che, nonostante l'assenza di efficacia clinica nei pazienti con artrite reumatoide, l'attività biologica dimostrata da atacicept contro i linfociti B è tale da giustificare altri studi con il farmaco su altre malattie autoimmuni, quali il lupus eritematoso sistemico.
M. Genovese, et al. Atacicept in patients with rheumatoid arthritis and an inadequate response to tumor necrosis factor antagonist therapy: results of a phase II, randomized, placebo-controlled, dose-finding trial. Arthritis Rheum 2011;63:1793-1803. leggi
R. van Vollenhoven, et al. Atacicept in patients with rheumatoid arthritis and an inadequate response to methotrexate: results of a phase II, randomized, placebo-controlled trial. Arthritis Rheum 2011; 63: 1782-1792. leggi Torna all'archivio