Malattie reumatiche

AR iniziale, strategia vincente aggiungere prednisone a MTX

06 marzo 2012
 
Iniziare il trattamento dell'artrite reumatoide (AR) in fase iniziale aggiungendo prednisone a basse dosi al metotrexate (MTX) come primo step è più efficace che non partire con il solo MTX. A evidenziarlo sono i risultati dello studio CAMERA-II (Computer Assisted Management in Early Rheumatoid Arthritis trial-II), un trial multicentrico olandese condotto dall'Utrecht Rheumatoid Arthritis Cohort Study Group e appena pubblicato sugli Annals of Internal Medicine.

Il gruppo scrive nell'introduzione del lavoro che se si riesce a indurre la remissione precocemente durante il decorso della malattia, si ha una prognosi migliore sia a breve sia a lungo termine. Questo traguardo si può raggiungere adottando strategie terapeutiche di controllo stretto della malattia personalizzate in base al livello di attività del singolo paziente aggiustando il dosaggio e il tipo di farmaci, al fine di raggiungere una bassa attività di malattia o preferibilmente la remissione in un arco di tempo limitato.

L'obiettivo dello studio olandese era valutare se l'aggiunta di prednisone a basse dosi (10 mg/die) all'inizio della terapia con MTX sarebbe stata in grado di aumentare l'efficacia del solo MTX per raggiungere uno stretto controllo dell'AR inizale e si sarebbe tradotta in un minor danno erosivo articolare dopo 2 anni.

Per verificarlo, i ricercatori hanno condotto uno studio prospettico, randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo, della durata di 2 anni, che ha coinvolto 236 pazienti in carico presso sette ospedali dei Paesi Bassi, tutti con una diagnosi di AR non antecedente l'anno prima dell'arruolamento.

I pazienti sono stati trattati con MTX e prednisone oppure MTX più placebo. Il dosaggio del MTX è stato aggiustato a ogni visita di controllo, effettuata una volta al mese, con incrementi di 5 mg a settimana per raggiungere i criteri predefiniti di remissione (nessuna articolazione tumefatta e almeno due dei seguenti elementi: non più di tre articolazioni dolenti, un punteggio della scala VAS per il benessere generale non superiore a 20 mm e una VES non superiore a 20 mm/ora) o il dosaggio massimo di MTX (30 mg/settimana) o la massima dose tollerabile di MTX.

In entrambi i gruppi dello studio, se il paziente non raggiungeva la remissione 5 settimane dopo essere stato trattato con la dose massima tollerabile di MTX, si aggiungeva ciclosporina (in seguito cambiata con adalimumab).
L'outcome primario era il danno erosivo radiografico dopo 2 anni di terapia. Tra gli outcome secondari figuravano invece la risposta ACR e quella EULAR a uno e 2 anni, la remissione e la necessità di aggiungere alla terapia la ciclosporina o il biologico.

In sintesi, lo studio dimostra che l'aggiunta di prednisone all'inizio di una strategia di trattamento intensiva basata su MTX e finalizzata alla remissione o a uno stretto controllo dell'AR in fase iniziale ha offerto una protezione maggiore contro il danno erosivo articolare ed è risultata più efficace nel ridurre l'attività della malattia, nell'ottenere una remissione prolungata e nel ridurre la necessità di ciclosporina o dell'anti-TNF. L'aggiunta dello steroide ha permesso anche di ridurre l'esposizione al DMARD, portando a un minor numero di effetti negativi.

Il danno erosivo articolare dopo 2 anni è risultato limitato in entrambi i gruppi (MTX/prednisone: mediana 0; range interquartile 0 - 0; MTX/placebo: mediana 0; range interquartile 0-2; P = 0,022). Lo score di Sharp-van der Heijde (SHS) relativo all'erosione è risultato in media di 0,87 punti inferiore nel gruppo MTX più prednisone rispetto al gruppo MTX più placebo (p = 0,001), mentre quello relativo al restringimento dello spazio articolare (JSN) e lo score totale di Sharp-van der Heijde non hanno mostrato differenze significative tra i due gruppi di trattamento al termine dello studio.

I punteggi del DAS 28, la VES, il punteggio della scala VAS e quello dell'Health Assessment Questionnaire hanno mostrato che nei pazienti trattati con i due farmaci si è raggiunta un'attività di malattia inferiore per tutte le variabili considerate rispetto ai pazienti trattati solo con MTX (P = 0,001).

La durata della remissione è stata in media di 10 mesi nei pazienti di entrambi i gruppi che hanno centrato quest'obiettivo, ma quelli del gruppo MTX più prednisone lo hanno raggiunto prima (6 mesi contro 11 mesi; P < 0,001) e hanno mostrato una tendenza, non significativa, ad avere maggiori probabilità di ottenere almeno una remissione prolungata (72% contro 61%; P = 0,089). I pazienti del primo gruppo hanno avuto bisogno anche di molto meno MTX (dose massima media 19,7 contro 23,4 mg/settimana; P < 0,001) e hanno mostrato una probabilità significativamente inferiore di necessitare di un trattamento aggiuntivo con ciclosporina o adalimumab (15% contro 41%; P < 0,001)
Per quanto riguarda la sicurezza, gli eventi avversi sono risultati simili in entrambi i gruppi, ma alcuni, come la nausea o l'aumento delle transaminasi epatiche oltre la soglia di normalità, sono stati meno frequenti nel gruppo trattato anche con lo steroide, oltre che con il DMARD. Inoltre, il trattamento con prednisone non si è associato a un aumento della glicemia non a digiuno nel siero o del diabete, ma si è associato a un maggior incremento ponderale durante i 2 anni di terapia rispetto alla monoterapia con MTX (2,9 contro 1,3 kg; P = 0,028)
Mentre l'incremento di efficacia ottenuto aggiungendo lo steroide era in un certo senso atteso, il riscontro di un minor numero di effetti avversi è stato per i ricercatori una piacevole sorpresa. Resta tuttavia da chiarire se iniziare o proseguire la terapia con il glucocorticoidi dopo i primi 2 anni dalla diagnosi possa produrre gli stessi effetti favorevoli visti in questo studio.

A questo proposito, gli autori fanno anche notare che non si sa nemmeno se un trattamento con steroidi oltre i 2 anni dalla diagnosi possa fornire un'ulteriore protezione articolare e raccomandano perciò di ridurre gradualmente il dosaggio fino a interrompere la terapia dopo questo lasso di tempo, per ridurre il rischio di osteoporosi e di altri eventi avversi associati all'utilizzo a lungo termine di tali farmaci.
Secondo il gruppo olandese, nell'insieme questo studio consolida il concetto della ‘finestra di opportunità, il concetto che i glucocorticoidi, nella fase iniziale dell'AR si comportano come farmaci antireumatici modificanti la malattia e, infine, dà maggior forza alle raccomandazioni dell'EULAR del 2010 per il trattamento di questa patologia.

In un editoriale di commento, Richard John Kirwan, dell'Università di Bristol, commenta molto positivamente lo studio, asserendo che dimostra come una terapia combinata comprendente un DMARD e glucocorticoidi dovrebbe essere il gold standard per il trattamento iniziale dell'AR .
Sia l'editorialista sia i ricercatori dell'Utrecht Rheumatoid Arthritis Cohort Study Group evidenziano in ogni caso la necessità di fare altri trial randomizzati per confrontare l'approccio di controllo stretto della malattia con MTX più prednisone con l'efficacia degli agenti biologici nei primi mesi di manifestazione dell'AR. Kirwan, in particolare, sottolinea anche che qualora con l'accoppiata DMARD più steroide si dovesse dimostrare di riuscire a ottenere un controllo uguale, o quasi, della malattia, a un costo inferiore, il buon senso vuole che si dovrebbe provare prima questa soluzione e poi passare a un biologico solo in seconda battuta.

M.F. Bakker, et al. Low-Dose Prednisone Inclusion in a Methotrexate-Based, Tight Control Strategy for Early Rheumatoid Arthritis. A Randomized Trial Ann Intern Med. 2012;156:329-339, 390-391.
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